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 2019  maggio 29 Mercoledì calendario

Oslo vieta le auto

Dai moli che frangiano la baia fino alle dolci colline che sovrastano il centro storico, sono la purezza dell’aria e il ritrovato silenzio ad aver trasformato la capitale norvegese in una moderna città ideale. Ed è puntando verso questi criteri di salute ambientale che gli amministratori di Oslo hanno deciso di renderla “car free”, priva di macchine, sebbene di auto se ne veda ancora qualcuna in giro, ma per lo più elettrica e dal rumore felpato. Per eliminare il traffico che l’ingolfava è bastato complicare la vita agli automobilisti sia con costosi pedaggi al suo ingresso sia con l’impossibilità di trovare parcheggi, che negli ultimi due anni il comune ha semplicemente eliminato per sostituirli con piste ciclabili o giardinetti per anziani.
«Se una volta l’auto era il simbolo della libertà, per le nuove generazioni non lo è più. Oggi diamo più importanza alla qualità dell’aria che respiriamo e alla possibilità di pedalare e di camminare liberamente», dice la trentenne Sirin Stav, assessore ai trasporti del partito Verde, incaricata di mettere in atto questa rivoluzione ambientalista, di cui l’ultima norma entrerà in vigore il primo giugno. Da quel giorno, infatti, sarà attivata una sessantina di nuovi varchi per rendere Oslo ancora più impenetrabile ai privati: con pagamento obbligatorio per tutti, sia in entrata che in uscita, e il cui ammontare dipenderà dal momento del transito per fluidificare il passaggio nelle ore di punta e dal tipo di auto (50 corone, circa 5 euro, per le diesel e benzina, dieci volte meno per le elettriche).
Ma questa tassa non servirà soltanto a scoraggiare l’uso della propria auto. Infatti, per fare accettare il drastico cambio di abitudini, i soldi ottenuti saranno reinvestiti per migliorare i trasporti pubblici e l’arredo cittadino. «Del resto, se fino a qualche decennio fa era normale che si fumasse al cinema, oggi non lo fa nessuno. Lo stesso sta accadendo per le auto in città. Tra pochi anni, averne impedito l’accesso sembrerà a tutti una straordinaria conquista», dice la vice- sindaca Hanne Marcussen, con la delega per lo sviluppo urbano. «Togliendo le auto abbiamo voluto restituire la città ai nostri abitanti».
Appena sfiorata dalla crisi economica mondiale, dal 2010 Oslo è la città europea che cresce più in fretta grazie all’alto tasso di nascite, all’aumentata speranza di vita e al massiccio ingresso di nuovi immigranti. Ora, se il 70% dell’inquinamento atmosferico proviene dalle città e se di questo il 39% è frutto dei gas delle auto private, con il continuo aumento della sua popolazione (più 30% entro il 2040) la capitale è corsa ai ripari incoraggiando l’acquisto di macchine elettriche. Tramite una serie d’incentivi, quali l’accesso alla corsia riservata agli autobus, il parcheggio gratuito (nei pochi rimasti) e la diminuzione del 25% del bollo, c’è pienamente riuscita, poiché il mercato dell’auto elettrica è aumentato del 60% dall’inizio del 2019 per sfiorare l’80% il mese scorso.
Com’era ovvio, questo sconvolgimento cittadino non piace a tutti, a cominciare dai commercianti, i quali temono che con le auto scompaiano anche i loro clienti. Dice Oskar Pettersen, proprietario di un negozio di elettrodomestici non lontano dal centro: «Ci hanno imposto le nuove regole da un giorno all’altro, senza neanche consultarci. Più che città ideale, Oslo rischia di diventare una città morta». Mentre per il sindacato che li rappresenta, abolire il traffico «è come aver eretto un Muro di Berlino contro gli automobilisti, che sono stati brutalizzati dal comune». L’assessore dice di comprendere i malumori, e di essere pronta a modificare alcuni aspetti del progetto ma non la sua sostanza, perché «la condividerebbe perfino un urbanista rinascimentale, e perché da quando abbiamo tolto i parcheggi si registra il 10% in più di pedoni».
C’è però qualcos’altro che stride con il virtuosismo ambientalista e l’ansia vagamente paranoica di raggiungere lo stadio supremo delle emissioni zero. Si tratta della politica estrattiva del governo norvegese. Infatti, il ministro del petrolio e dell’energia Kjell-Borge Freiberg ha appena annunciato la prossima trivellazione di 90 nuovi pozzi a largo delle coste nazionali, di cui 48 nell’incontaminato Mare di Barents. «Lo so», aggiunge sconsolata Sirin Stav, «in Norvegia, c’è ancora tanta ipocrisia». Già, perché producendo gas e petrolio, si contribuisce comunque al surriscaldamento climatico.