Libero, 29 maggio 2019
Al Sud va di moda fregare i pensionati
Truffa aggravata ai danni dell’Inps. È questa l’accusa con cui il gup di Marsala, Annalisa Amato, ha rinviato ieri a giudizio 45 persone, tra imprenditori e dipendenti. Ruoli del tutto fittizi, secondo la procura, che servivano solo a spillare quattrini all’istituto di previdenza. Il meccanismo è noto. Ruota intorno a falsi lavoratori, false assunzioni e falsi licenziamenti. Il tutto allo scopo di presentare la documentazione all’Inps e incassare l’indennità di disoccupazione. In questo modo, sempre per i magistrati, i 45 avrebbero ottenuto ammortizzatori sociali tra i 600 e 12mila euro a testa, per un totale di 268mila euro sottratti indebitamente al bilancio dell’Inps. Il caso di Marsala non è ovviamente isolato. La pratica è diffusa e non riguarda solo gli assegni di disoccupazione, ma tutte le forme di assistenza che vengono finanziate coi soldi dei pensionati. Qualche tempo fa la Guardia di Finanza aveva verificato che su 10 Isee, la certificazione sulla situazione economica del nucleo famigliare per accedere a benefici, sconti e sussidi, 6 sono taroccati. Le cronache, del resto, sono piene di ciechi che guidano e paraplegici che zompettano, tutti regolarmente iscritti al programma di aiuti economici e sanitari predisposto dall’Inps per le persone invalide e non autosufficienti.
ESERCITO DI FURBETTI L’esercito di furbetti dell’assistenza pesa e non poco sui conti complessivi dell’Istituto, che ogni anno vedono allargarsi a dismisura la voragine del passivo che lo Stato, di tanto in tanto, deve rimpinguare coi soldi dei contribuenti o tamponare attraverso misure di austerity previdenziale sulla pelle dei pensionati, in stile legge Fornero. Tra prestazioni per gli invalidi civili con relative indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, quattordicesima e importi aggiuntivi di cui beneficiano complessivamente circa 4,1 milioni di soggetti l’Inps spende ogni anno oltre 24 miliardi. Ma l’intero malloppo di quello che nel bilancio viene definito Gias (Gestione interventi assistenziali) e riguarda tutti vari bonus, le indennità, il sostegno al reddito, i contributi figurativi, i congedi di maternità e paternità, pesa per oltre 100 miliardi, quattrini che ovviamente non sono coperti dai contributi previdenziali, che non bastano neanche a pagare le pensioni, ma dalla fiscalità generale. Ebbene, una buona quota di questo denaro finisce regolarmente in tasca a chi non ne ha diritto. Ma i furbetti, piaccia o no, non sono distribuiti equamente su tutto il territorio italiano. Si concentrano in alcune aree del Paese, dove per necessità, cultura o tradizione, campare a spese dello Stato viene considerato quasi un diritto.
POLENTONE Ad affermarlo non è il solito, becero leghista, il polentone che odia i terroni, ma Pasquale Tridico, il re del reddito di cittadinanza, il teorico del lavorare meno lavorare tutti, il benefattore dei fannulloni. Presentatosi davanti ai deputati della commissione Lavoro e Agricoltura il presidente dell’Inps ha fatto una panoramica sui problemi del caporalato in agricoltura, lanciando anche un allarme sull’impressionante numero di truffe perpetrate ai danni dell’Inps nel settore. Dai controlli effettuati dagli ispettori, che secondo Tridico sono troppo pochi e andrebbero riassunti, è emerso che tra il 2016 e il 2018 c’erano 2.871 lavoratori irregolari in nero e altri 5.065 non in nero ma sempre irregolari. Costo stimato per l’istituto di previdenza: 289 milioni di euro. Ben più esteso è il fenomeno dei rapporti di lavoro finti, messi in piedi con l’unico scopo di spremere l’Inps chiedendo sussidi, indennità e tutte le prestazioni assistenziali previste per i dipendenti. In tutto si tratta di 93.755 casi. Ebbene, volete sapere come sono dislocati nello Stivale? Nel Nord Est il numero di furbetti pizzicati dagli ispettori si conta quasi con le dita delle mani, è lo 0,32% del totale. Stesso discorso per il Nord Ovest, dove la percentuale sale all’1,14%. Scendendo al Centro le quote iniziano a diventare un po’ più consistenti, siamo all’8,46%. Ma è solo nel Mezzogiorno che scatta il trionfo dell’abuso, con oltre il 90% dei dipendenti fittizi scovati dall’Inps, divisi tra Isole (29,6%) e Sud (60,42%). Tutto è possibile, intendiamoci. Ma parlare di casualità sarebbe bizzarro.