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 2019  maggio 28 Martedì calendario

Le sorelle delle gondole

Il varo, tra un mese, sarà il momento più delicato. Elena ed Elisabetta sanno di dover dimostrare che lo squero di famiglia è ancora in buone mani, le loro, dopo che il papà Roberto Tramontin si è dovuto arrendere a 64 anni a una malattia, il 7 novembre scorso. «Quel giorno io e mia sorella non ci siamo dovute chiedere cosa avremmo fatto del cantiere. Con molta umiltà ci siamo messe a lavorare. C’era una gondola da realizzare, il maestro d’ascia Matteo Tamassia non ci ha lasciate sole ed eccoci qua a lavoro quasi concluso. Speriamo il primo di una nuova serie», racconta Elisabetta, 29 anni, che delle due ha più manualità e per questo si è dedicata alla pittura dell’imbarcazione.
Elena, di due anni più grande, è quella che si occupa delle pubbliche relazioni della «Domenico Tramontin & figli», squerarioli dal 1884 in rio Ognissanti, vicino alle Zattere. Racconta: «Prima che papà morisse avevo un negozio interamente dedicato alla gondola: gioielli, tazze, pezzi artistici unici. L’ho lasciato per venire qua, dove mi occupo anche delle visite guidate in cantiere, sia in italiano che in inglese, come quando c’era nostro padre».
La scelta è stata coraggiosa. Elisabetta è diplomata in scultura all’artistico, Elena in fotografia all’Istituto europeo di design di Torino, nessuna delle due aveva competenze specifiche nel campo delle imbarcazioni tipiche veneziane, ma entrambe sono cresciute respirando l’aria del cantiere. «Quando eravamo piccole i nostri genitori usavano la gondola come box: ci mettevano lì dentro a giocare e stavano tranquilli», ricorda Betta, che fin da bambina aveva il suo secchiello per i chiodi e il suo martello. «Mi sedevo sul cavalletto e li piantavo nel legno. A scuola i miei compagni mi facevano i complimenti perché mi bastavano due colpi precisi per fissare qualunque cosa». Elena, invece, non può dimenticare i pranzi dei compleanni festeggiati tra le barche, intorno a tavolate lunghissime allestite con le assi del legno.
«Se siamo qui oggi dobbiamo dire grazie a molte persone», va avanti. «Anzitutto al Comune, perché il cantiere fa parte dell’amministrazione veneziana, poi a Confartigianato e all’associazione dei mestieri “el Felze”: a Venezia ci sono solo quattro squeri attivi e tutti volevano che rimanessimo aperti». L’aiuto più grande, però, lo sta dando Matteo Tamassia, 47 anni, maestro d’ascia dal 2000, al suo attivo una quarantina di gondole con il Cantiere nautico Crea e una dozzina con Roberto Tramontin, che gli ha insegnato i metodi più antichi. Ammette: «Sono l’ultimo erede delle sue tecniche, non potevo andare via, dovevo continuare il suo lavoro». 
Elena è bravissima a spiegare che una gondola è composta da 280 pezzi, ma Matteo preferisce mettere in evidenza che per farne una ci vogliono mille ore di lavoro e otto legni diversi: «Rovere, olmo, larice, abete, tiglio, mogano, ciliegio e corniolo: ognuno ha particolari caratteristiche di malleabilità, flessibilità e robustezza. Il fasciame immerso, invece, è di compensato marino. Le componenti metalliche sono in legno inox 316». La parte di carpenteria richiede tre mesi di lavoro, quella di verniciatura altri sei. Ed è qui che l’aiuto di Betta si è rivelato prezioso.
La firma sulla carena è già pronta. Conclude Elena: «Sono tre triangoli piccoli e due più grandi a coda di rondine. Ora aspettiamo il varo. È sempre stato un momento molto emozionante, ogni volta papà ci lanciava uno sguardo di intesa. Questa volta sarà dura». Ma lui le guarderà lo stesso. Con orgoglio.