Il Sole 24 Ore, 27 maggio 2019
Il super bilancio dell‘Ue rischia l’alt
Sarà un avvio di legislatura impegnativo quello che attende il nuovo Parlamento europeo uscito dalle urne. Il primo banco di prova è il bilancio a lungo termine dell’Unione (Quadro finanziario pluriennale, Qfp) 2021-2027. Con l’aggravante dell’ombra lunga di Brexit, dopo il rinvio dell’uscita del Regno Unito a fine ottobre, la partecipazione degli elettori britannici al voto e le dimissioni annunciate venerdì dalla premier Theresa May.
A Bruxelles si confrontano due scuole di pensiero. La prima – spiega un alto eurofunzionario – sostiene «la Ue non ha interesse ad “importare” incertezza e instabilità dal Regno Unito intrappolato nelle proprie convulsioni sulla Brexit, che nessuno sa come e quando si concluderanno». SArebbe l’ennesima buona ragione per trovare un accordo sul Qfp entro l’autunno: «Eviterebbe all’Unione di diventare ostaggio del conflitto interno al Regno Unito, dimostrerebbe che anche a 27 la Ue va avanti, fornirebbe prevedibilità per gli investimenti e chiarirebbe le implicazioni finanziarie per gli Stati membri. Ciò potrebbe anche aiutare a far emergere a Londra una maggioranza a favore di una soluzione, in un senso o nell’altro. E nel caso in cui la Gran Bretagna decidesse di restare, le implicazioni per i 27 sarebbero positive».
L’altro scenario, definito «inerziale», è che senza una chiara visione sulla Brexit il Consiglio non può raggiungere un accordo, «con conseguenze speculari a quelle del primo scenario e negative per il processo decisionale ed il funzionamento dell’Ue».
Le risorse per i nuovi compiti
La Commissione ha formulato la sua proposta un anno fa, basata sull’Unione a 27 senza il Regno Unito e cercando di colmare il “buco” di una dozzina di miliardi all’anno lasciato dai britannici. Obiettivo era non ridurre le risorse per le politiche europee e avere margini sufficienti per i nuovi compiti che l’Unione, su richiesta degli Stati membri, deve affrontare: clima, migrazioni e sicurezza.
Dopo un lungo confronto con le capitali, la proposta è stata pari all’1,11% del Pil: 1.134 miliardi in 7 anni per circa 500 milioni di abitanti (il bilancio italiano supera gli 800 miliardi l’anno per 60 milioni di abitanti). Il Parlamento ha chiesto di aumentarlo almeno all’1,3% del Pil, 1.324 miliardi a prezzi 2018. Come illustra nel dettaglio l’infografica accanto, oltre ai capitoli tradizionali come coesione territoriale e agricoltura che assorbono circa due terzi delle risorse, il bilancio Ue finanzierà ricerca e innovazione (Horizon), il secondo Piano Juncker per gli investimenti strategici, Erasmus, la lotta ai cambiamenti climatici, la sicurezza delle frontiere, i primi passi di una difesa comune, in piccola parte l’accoglienza dei migranti e la “politica estera”. Solo il 5% andrà al funzionamento delle istituzioni.
Il Parlamento uscente ha approvato 10 regolamenti dei 37 programmi di spesa del prossimo Qfp e ha assunto la propria posizione negoziale su altri 17. Tra quelli ancora da adottare c’è il regolamento sulla Politica agricola (Pac), che nella proposta avrà 324 miliardi contro i 383 del periodo 2014-2020, quello sul programma di supporto alle riforme strutturali (22 miliardi) e quello per la funzione di stabilizzazione degli investimenti.
Nonostante i ripetuti inviti di Jean-Claude Juncker, non si è riusciti ad approvare l’intero pacchetto prima delle elezioni. Ma era prevedibile. I lavori, interrotti in Parlamento, proseguono a livello tecnico e politico in Consiglio Affari generali e ci si aspetta che il vertice dei leader a giugno almeno confermi l’obiettivo di chiudere il cerchio entro l’autunno. Il Consiglio dovrebbe inoltre mettersi d’accordo sui principali elementi costitutivi di uno strumento per la competitività e cooperazione per l’eurozona. Dagli accordi già raggiunti tra Parlamento e Consiglio sono esclusi pezzi importanti, a cominciare dai livelli di spesa, che devono essere approvati all’unanimità dai capi di Stato e di Governo.