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 2019  maggio 27 Lunedì calendario

Per l’Ue sei mesi di svolta

A urne chiuse va in scena il day after più difficile. L’eco della conta dei voti si farà sentire ovunque, da Bruxelles alle capitali, con un riflesso negli equilibri del nuovo Europarlamento e nei 28 Paesi Ue. E, se è vero che queste elezioni sono state un referendum sul progetto europeo, ora è tempo di sistemare uno dopo l’altro una serie di tasselli per completare il mosaico della nuova Europa.
Si comincia dalle nomine di politici e tecnici ai vertici delle istituzioni che dovranno tracciare la rotta da seguire. Il cammino sarà accidentato, perché oltre alle consuete complessità, questa volta a complicare i giochi è anche l’enigma della Brexit.
La partita si aprirà già oggi con l’avvio dei negoziati per costituire i gruppi politici che daranno l’impronta al nuovo emiciclo per i prossimi cinque anni. Domani le trattative continueranno sullo sfondo, ma gli occhi saranno puntati sui leader Ue che, nel corso di una cena a Bruxelles, tireranno le somme delle elezioni e getteranno le basi per la prima tornata di nomine con le posizioni chiave del presidente della Commissione Ue e dei singoli commissari. In particolare la prima poltrona potrebbe essere al centro di un braccio di ferro tra il nuovo Parlamento e i governi (si veda l’articolo nella pagina accanto). Il tema tornerà poi alla ribalta al vertice Ue del 20 e 21 giugno.
La «prima» del 2 luglio
Il debutto ufficiale del nuovo Europarlamento avverrà il 2 luglio a Strasburgo. In quella settimana verranno riempite, salvo sorprese, le prime caselle, con l’elezione del presidente che succederà ad Antonio Tajani, dei 14 vicepresidenti e dei 5 questori dell’Assemblea.
Centrale per il funzionamento dell’attività del Parlamento sarà l’individuazione delle commissioni chiamate a esaminare e approvare i dossier prima dell’approdo in plenaria per il voto definitivo che, trattato dopo trattato, è diventato sempre più vincolante. A partire dai temi lasciati in sospeso, come il Quadro finanziario pluriennale (si veda la pagina a fianco), il completamento dell’Unione bancaria e la riforma del regolamento di Dublino sulla gestione dei migranti.
Se tutto fila liscio e c’è l’accordo sul nome del candidato, nella sessione dal 15 al 18 luglio potrebbe andare in scena l’elezione del presidente della Commissione Ue che raccoglierà l’eredità di Jean-Claude Juncker. Si tratta della nomina più delicata e importante, dato che sul piano sostanziale il presidente dell’esecutivo Ue è una figura cruciale nei rapporti con gli Stati, anche per il controllo (ex ante ed ex post) delle politiche economiche.
Novembre sarà il mese chiave
Dopo la pausa estiva si parte con l’individuazione dei nuovi commissari e le audizioni dei candidati proposti dagli Stati da parte dell’Europarlamento. Se tutti otterranno una promozione, dal 1° novembre la nuova Commissione potrebbe essere operativa, dopo un nuovo voto del collegio da parte dell’Aula. I tempi si allungano se invece qualche candidato non viene giudicato idoneo. Una strada a parte segue la nomina dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il successore di Federica Mogherini verrà nominato dal Consiglio europeo con l’accordo del presidente della Commissione Ue.
Meno rilevante sul piano politico, ma centrale nel dialogo con i cittadini e per il rafforzamento della trasparenza delle istituzioni, è la nomina del mediatore europeo, in genere a luglio da parte della plenaria del Parlamento.
Non è finita qui, perché il valzer delle nomine riguarda anche incarichi chiave che non implicano un coinvolgimento del Parlamento, anche se l’esito delle elezioni ne condizionerà inevitabilmente l’iter. A fine ottobre scadono infatti i mandati del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e del presidente della Bce Mario Draghi. I due successori avranno un ruolo determinante per la strategia europea dei prossimi anni.
Tra negoziati, consultazioni e voti l’unica certezza è che sul fronte europeo sarà un autunno impegnativo.