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 2019  maggio 26 Domenica calendario

La parità di genere comincia dallo stipendio

«È un’iniziativa che avrà un costo alto per l’azienda, non fare nulla però costerebbe di più». Con queste parole alcuni giorni fa Rajeev Suri, amministratore delegato di Nokia, ha annunciato l’intenzione del colosso delle telecomunicazioni finlandese di eliminare qualsiasi tipo di divario salariale tra uomini e donne. Soprattutto, attraverso un lungo post pubblicato sul sito dell’azienda, Suri ha fatto sapere di essere intenzionato ad affrontare immediatamente la questione. L’ad infatti ha stanziato un budget dedicato che già a partire dal primo luglio colmerà le differenze retributive. Come? Semplicemente aumentando gli stipendi alle donne che percepiscono meno dei colleghi. «In quasi tutte le sfere della vita – ha spiegato l’ingegnere 51enne di origine singaporiana e a capo dell’azienda dal 2016 – compreso il settore tecnologico, troppe donne sono pagate meno degli uomini. Nokia non è immune da questa realtà». 
Al termine da un’analisi interna sull’equità retributiva condotta insieme a Mercer, una società di consulenza specializzata in risorse umane, il colosso finlandese ha infatti scoperto «un piccolo ma statisticamente significativo» divario retributivo. Una distanza considerata inspiegabile perché non giustificata da nessun tipo di fattore qualificante come prestazioni, esperienza o posizione lavorativa. Da qui la necessità di intervenire e l’immediata risposta di Suri. «La netta maggioranza dei beneficiari saranno donne – ha continuato - Ma abbiamo anche scoperto alcune lacune salariali inspiegabili per gli uomini. Risolveremo anche quelle». Un impegno a 360 gradi da parte di Nokia che come detto ha un costo piuttosto elevato (conta più di 100.000 dipendenti in tutto il mondo). Tuttavia «il costo dell’inazione sarebbe molto più alto» perché nuocerebbe alla capacità dell’azienda finlandese di attrarre e trattenere i talenti, unica variabile in grado di far prosperare un’attività come quella di Nokia. D’altro canto, nonostante il ruolo fondamentale recitato dalle donne nel settore dell’innovazione, del digitale e più in generale della tecnologia, proprio l’universo delle aziende tech sarebbe tra i più condizionati dal gender pay gap. Al punto che un anno fa nel Regno Unito esplose uno scandalo legato proprio alle retribuzioni delle donne del settore. Una polemica travolgente (tra gli altri coinvolse Facebook e Uber) che ha portato il governo inglese a imporre a tutte le società con più di 250 dipendenti di pubblicare i dati sul divario di genere negli stipendi. 
UBER E FACEBOOK
Una norma che però ancora non ha portato ai risultati sperati: secondo Bloomberg ad esempio, sia Facebook che Uber stanno ancora pagando in media il proprio staff femminile meno di quello maschile, anche se hanno assunto più donne nelle posizioni apicali. Persino Bumble, una app di incontri in cui è unicamente la donna a poter avviare la conversazione e che si rivolge a un pubblico più sensibile alle tematiche di genere, non fa eccezione. In maniera del tutto inattesa infatti Badoo, la società che gestisce il servizio, paga le donne che lavorano in azienda il 33% meno rispetto agli uomini. Per questo posizioni come quella di Nokia e Saleforce Inc – società di software statunitense – che non solo ha speso 3milioni di dollari nel 2015 per colmare il divario ma lo ha rifatto nel 2017 dopo essersi resa conto che si era riproposto in maniera sistemica, sono fondamentali per tracciare un percorso da seguire. D’altronde «Fare ciò che è giusto non è sempre facile – ha chiuso Suri – ma ciò non cambia il fatto che sia giusto. Lo dobbiamo ai nostri dipendenti attuali e futuri per guidare il cambiamento».