il Giornale, 26 maggio 2019
Monarchia, la Storia è questione di famiglie
Ci sono famiglie che hanno fatto la storia? Asburgo, Borbone, Romanov, Savoia, Windsor. Se allineiamo certi cognomi l’impressione è proprio di sì. La storia dell’Eurasia non può prescindere da queste casate che, per secoli, hanno costruito reti di alleanze, scatenato guerre, trasformato matrimoni in fatti politici e creato una mitologia per esaltare il proprio potere. Ecco perché al festival èStoria di Gorizia, in questi giorni, hanno organizzato una serie di incontri tematici intitolati «Famiglie della storia».
Per un po’ la ricerca storica ha snobbato le case reali, ma ora torna a occuparsene come ci spiega il professor Alessandro Barbero (che oggi a Gorizia interviene sui Savoia). «Per secoli gli storiografi si sono occupati dei grandi personaggi e delle grandi battaglie. Non interessava a nessuno cosa mangiassero i contadini. Poi dagli inizi del secolo scorso ci si è accorti che era interessante eccome. Anche perché ne sapevamo oggettivamente poco. Oggi il pendolo della ricerca storica si è riportato al centro. C’è la storia bassa ma è ovvio che non si può prescindere da quello che accadeva nelle corti».
Ma si può procedere davvero a uno studio della storia per casati? Esistono delle particolarità dei Romanov o dei Savoia? Ancora Alessandro Barbero: «Quella delle identità delle dinastie è una delle questioni più complesse. Ad esempio i Savoia, durante il Risorgimento, hanno cercato di rimodellare la loro immagine come quella di una dinastia destinata, da sempre, a unire la penisola. Però, in realtà, molte di queste famiglie erano strettamente imparentate tra loro e hanno praticato politiche diverse in base ai vari momenti storici. Vittorio Emanuele II è stato molto diverso da Vittorio Emanuele III. O, secoli prima, Vittorio Amedeo II, primo re di Sardegna, praticava una politica di equilibrio tra Borbone di Francia e Asburgo che nulla ha a che vedere con le politiche risorgimentali».
Eppure la geopolitica, alla fine, ha fatto in modo che dei tratti comuni delle linee guida plurigenerazionali all’interno delle dinastie si manifestino, dice Gianni Oliva (anche lui partecipa all’incontro di oggi sui Savoia): «Lo stile sabaudo, ad esempio, nasce dal Settecento ed è fatto essenzialmente di misura, autocontrollo, assenza di eccessi. Distingue in modo netto il casato». Gli Asburgo, invece, si sono caratterizzati per uno spiccato cosmopolitismo che per un verso era un retaggio medievale e, per altri versi, è stato quasi un presagio degli Stati sovranazionali contemporanei. Ancora Barbero: «Ovviamente lo Stato multinazionale degli Asburgo d’Austria era un retaggio medievale. Ma nel Medioevo c’erano un sacco di cose buone. Gli Asburgo sono stati una dinastia straordinariamente internazionale. Era normale che un imperatore parlasse tedesco, ungherese e italiano. Avevano creato un culto del buon governo capace di unificare mondi diversissimi».
I Windsor invece, il cui nome sino al 1917 era Sassonia-Coburgo-Ghota, sono riusciti nel non facile compito di trasformarsi in sovrani dell’impero britannico facendo dimenticare la loro origine tedesca. Un compito non certo facilitato dai continui contrasti con la Germania. Sono i geni dell’adattamento e la famiglia che ha messo in campo le regine di maggior tempra. I Borbone invece hanno trovato la chiave del loro successo nella capacità di arrivare al trono in un numero enorme di Stati: Francia, Navarra, Spagna, Napoli, Regno delle Due Sicilie, Ducato di Parma e Piacenza, Ducato di Lucca e del Lussemburgo. Una rete vastissima che ha fatto sì che nonostante i molti rovesci la famiglia sia oggi ancora su due troni: quello della Spagna e quello del Lussemburgo.
Meno fortunato il destino dei Romanov. La famiglia che giocò forse sul tavolo geopolitico più complesso, dovendo tenere unito un Impero multietnico, potentissimo, ma economicamente arretrato e sempre sospeso tra centralismo e forze centrifughe. Il loro fu un successo secolare finito in un bagno di sangue.
I regni hanno plasmato i propri monarchi e viceversa.