Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 26 Domenica calendario

La madre e la moglie di Vincent Lambert, nemiche

Vincent Lambert si trova da 10 anni in stato vegetativo irreversibile. Secondo perizie e sentenze, le sue rare reazioni sono riflessi neurologici inconsapevoli e non forme di comunicazione cosciente. Il 29 settembre 2008 rimase vittima di un incidente stradale. Aveva 32 anni, una moglie, Rachel, e una figlia di due mesi. Quel lunedì Rachel, infermiera come lui, stava a casa con la neonata, non aspettava visite. Quando suonarono andò ad aprire in accappatoio: due gendarmi la avvisavano che Vincent era in coma nell’ospedale di Châlons-en-Champagne (160 km a est di Parigi). 
Poco dopo, intorno alle 18, squillò il telefonino di Viviane Lambert, la madre, che era in auto con Pierre, suo marito e padre di Vincent. La figlia Marie doveva darle una brutta notizia, Vincent era in rianimazione. 
Rachel, la moglie, e Viviane, la madre, si precipitarono entrambe da Vincent in ospedale. Nei primi giorni le due donne si sostennero a vicenda, Rachel ospitò a casa i suoceri perché potessero andare a trovare il figlio più facilmente. Dopo qualche mese, quando fu chiaro che Vincent pur uscito dal coma non sarebbe mai tornato cosciente, Rachel e Viviane divennero nemiche. Da allora non hanno mai smesso di combattersi. «Perché lo amo, sono pronta a lasciarlo partire», dice Rachel, 32 anni, che è favorevole all’interruzione dell’alimentazione artificiale per il marito e padre di sua figlia che ormai ha 10 anni. «Sono dei mostri, dei nazisti», grida Viviane, 73 anni, davanti all’ospedale di Reims dove Vincent è ricoverato. 
Dopo anni di battaglia legale il medico curante lunedì ha cominciato la sedazione profonda per accompagnare Vincent Lambert verso la morte, ma la sera stessa la corte di Appello di Parigi ha accolto un nuovo ricorso dei genitori e ordinato la ripresa dell’idratazione e dell’alimentazione artificiale.
«Basta con l’accanimento terapeutico, è una follia – dice la moglie Rachel —. Vincent non ha lasciato volontà scritte, ma a me aveva detto “meglio un’iniezione che passare il resto della vita come un vegetale”. E i suoi colleghi confermano che quella era la sua opinione». La moglie di Vincent ha affrontato dieci anni di conflitto lontano dalle telecamere, proteggendo la bambina, con poche dichiarazioni alla stampa e un libro pubblicato nel 2014. 
La madre di Vincent ha un carattere e una storia personale diversa: come il marito Pierre (90enne ginecologo in pensione, militante contro l’aborto) è una fervente cattolica vicina alla Fraternità San Pio X fondata dal cardinale Marcel Lefebvre, e ha fatto di Vincent la bandiera mediatica di una lotta di civiltà. «Vincent non è un uomo in fin di vita, è un handicappato che vogliono sopprimere, ma la vita è sacra». Viviane Lambert si fa fotografare assieme al figlio sul letto di ospedale, come nell’immagine ormai celebre in cui gli mostra un disegno incorniciato, nella speranza sempre delusa di una reazione. 
Lunedì, il giorno cruciale, Viviane Lambert ha girato un nuovo – terribile – video del figlio. Si vede il volto sofferente e immutabile di Vincent, ma soprattutto si sente la voce della madre che ripete in modo ossessivo «non piangere Vincent, non piangere, mamma è qua con te, non piangere, non piangere». 
Negli stessi istanti, a Parigi, alla notizia della ripresa delle cure una folla di sostenitori portava in trionfo gli avvocati Jean Paillot e Jérôme Triomphe che urlavano «Abbiamo vinto! Remontada!» con incongruo gergo calcistico. 
Accanto a Viviane Lambert si è creato un movimento composto dagli avvocati vicini all’estrema destra e militanti del movimento manif pour tous contrario alle nozze gay, associazioni integraliste cattoliche come Civitas, e soprattutto la fondazione Jérôme Lajeune, che paga le spese legali dei genitori di Vincent per 100 mila euro l’anno. A battersi per mantenere in vita Vincent sono quindi la madre Viviane e i difensori della famiglia tradizionale, quelli che alle manifestazioni gridano: «Un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà». Solo che Vincent Lambert, fino all’età di sei anni, di papà ne ha avuti due. 
Alla nascita di Vincent, suo padre il ginecologo Pierre Lambert è sposato a un’altra donna con la quale ha già due figli; e sua madre Viviane, segretaria di Pierre, è sposata a un altro uomo con il quale ha già tre figli. Pierre Lambert riconoscerà Vincent solo dopo le seconde nozze con Viviane, con la quale avrà altri tre bambini. La famiglia ricomposta di Pierre e Viviane Lambert, più moderna che tradizionale stando ai loro principi, comprende in totale nove sorelle e fratelli nati da tre unioni. Sei stanno dalla parte della moglie Rachel, due appoggiano la madre Viviane. 
Il nipote di Vincent, François, 38 anni, parla di una famiglia opprimente e nevrotica «in cui non si poteva parlare di aborto o di omosessualità», e in cui l’abbondanza di fratelli e sorelle con madre o padre diversi era vissuta con silenzioso imbarazzo. 
A 12 anni Vincent venne mandato in un rigido collegio cattolico, che gli lasciò un pessimo ricordo. La moglie Rachel in questi giorni viene aiutata da una colletta online organizzata degli ex colleghi infermieri. Ha meno appoggi ideologici e sostegni finanziari della madre Viviane. Ma sente di rappresentare la vera famiglia di Vincent Lambert, «quella che mio marito si è scelto per amore».