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 2019  maggio 26 Domenica calendario

Storia di Romano Cenni e di Mercatone Uno

Per ricordare il suo amato Marco Pantani il fondatore di Mercatone Uno, Romano Cenni, non volle erigere una statua («sa di morte») ma scelse di onorare la memoria del Pirata con una maxi biglia, quella che ancora campeggia a Imola all’ingresso della A14 e che qualcuno ogni tanto vorrebbe delocalizzare a Cesenatico, città natale del ciclista. Del resto molti italiani hanno imparato a conoscere Mercatone Uno proprio attraverso le imprese del corridore romagnolo capace nel ‘98 di vincere Giro più Tour nella stessa stagione e proiettare così l’azienda sponsor in una nuova dimensione. Figlio di braccianti («in casa facevamo luce con le candele»), Cenni prima di darsi al grande commercio e sognare di creare un’Ikea italiana era proprietario di un’azienda di televisori – la Germanvox – e trovò che scendere a valle, dalla manifattura alla grande distribuzione, fosse nel 1978 la naturale conseguenza del suo successo. Dagli apparecchi tv si allargò ai mobili e poi alla creazione di un vero ipermercato, del resto «cambiavano i consumi e volevo fare una cosa italiana che restasse nel tempo», raccontò. Qualcosa che potesse fare la concorrenza ai colossi del commercio rivolgendosi a quel ceto medio «che ha un mutuo, comprato casa e messo su famiglia» e che Cenni riuscì ad attrarre con il claim «venite all’universo del risparmio». 
Si può dire che per almeno trent’anni lo schema ha funzionato e Mercatone Uno dall’Emilia si è allargata a quasi tutto il Centro Nord. Nel 2010 aveva fatturato 800 milioni di euro ed era entrata in altri segmenti collaterali come l’oreficeria specializzata e le attrezzature sportive. Cenni si vantava di non aver mai venduto sottocosto – come diversi suoi concorrenti – e di aver «sempre marginato» ovvero di essere sempre riuscito a fare profitti, ma l’operazione che non gli è mai andata in porto è stata quella di trasformare una one man company in un vero gruppo con autonomia dirigenziale e un modello di business vincente, capace cioè di coniugare i prezzi bassi con una riconoscibile identità aziendale. 
Così se il destino di Pantani è stato tragico anche quello dell’azienda-sponsor si può dire che non sia stato molto diverso. Mercatone Uno è arrivato a essere un colosso con 6 mila dipendenti tra diretti e indiretti e 90 punti vendita, ha sponsorizzato il Bologna calcio ma è stato travolto dal combinato disposto di truffe imprenditoriali, indagini giudiziarie e incapacità di tenere l’urto del mercato. Cenni è scomparso nel 2017 ma negli ultimi sei anni aveva dovuto lasciare il campo («mi sono ammalato ed è crollato tutto») e sicuramente la sua assenza si è fatta sentire drammaticamente. Al funerale la famiglia ha voluto che risuonasse una canzone di Gianni Morandi («Uno su mille ce la fa/ ma quanto è dura la salita/ in gioco c’è la vita») che in qualche modo ripercorre la sua avventura imprenditoriale, le vittorie e le sconfitte. Compresa l’immagine sporcata dall’accusa di bancarotta fraudolenta che ha interessato lui e altri nove accusati per trasferimento di immobili e canoni gonfiati.
La crisi strutturale di Mercatone Uno esploderà all’inizio degli anni Dieci, la recessione non ha certo giovato al gruppo che si portava dietro le difficoltà di un posizionamento commerciale difficile, di una conduzione manageriale debole e un indebitamento cresciuto via via fino a 450 milioni. Da allora è iniziata una Via Crucis di sette anni di contratti di solidarietà, cassa integrazione, amministrazione straordinaria, fallimenti e soprattutto una decisione rivelatasi infausta. Quella che ha portato i commissari straordinari a fidarsi della Shernon Holding e dell’ex fornitore Valdero Rigoni, che nell’agosto del 2018 hanno preso in carico il grosso del gruppo (55 punti vendita) senza avere nessuna vera idea di rilancio. Come purtroppo dimostrano gli ultimi avvenimenti.
La crisi di Mercatone Uno è anche un po’ la crisi di Imola, ex isola felice a cavallo tra Emilia e Romagna che ha dovuto fare i conti anche con il dissesto delle coop del mattone e non ha mai elaborato il lutto di aver perso più di 20 anni fa la Formula Uno per colpa di Monza. Un evento ancora vivo nella coscienza degli imolesi visto che nell’ultima campagna elettorale il Movimento 5 Stelle ha strappato il Comune alla sinistra, dopo 70 anni di ininterrotta supremazia, anche promettendo di riportare le Ferrari a correre nel circuito di casa.