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 2019  maggio 26 Domenica calendario

Intervista a monsignor Alberto Rocca

Monsignor Alberto Rocca, direttore della Biblioteca Ambrosiana, della Pinacoteca e della Classe di Studi Borromaici, ha seguito il restauro del cartone di Raffaello la Scuola di Atene, ora esposto alla Biblioteca.«Sì. È straordinario e fondamentale per la nostra collezione», dice. «Non solo perché è un’opera eccezionale, ma perché rappresenta pienamente l’ideale estetico del nostro fondatore, Federico Borromeo».
Come è andato il restauro?
«È stato un processo lungo, durato quattro anni perché è carta incredibilmente fragile, un lavoro preparatorio per un affresco, quindi non è stato creato per durare e per essere conservato. Il restauro ha richiesto tanto tempo anche per le dimensioni, 8 metri per 3. Ci è voluto quasi un anno per analizzarlo e capire il modo migliore per procedere. A condurlo Maurizio Michelozzi , uscito dall’Opificio delle Pietre Dure e ora restauratore alla Galleria degli Uffizi. Mentre il coordinamento è stato dello Studio Boeri».
Come è stato eseguito?
«Prima è stata fatta un’accurata pulizia iniziale aspirando la polvere. Quindi è stata rimossa la tela applicata a Parigi alla fine del XVIII secolo».
Perché a Parigi?
«Perché il cartone fu portato a Parigi dopo il saccheggio di Napoleone. Doveva essere esposto al Louvre e durante quel restauro applicarono una tela per rafforzarlo. Fortunatamente è stata tolta senza problemi. I restauratori l’hanno rinforzato applicando tre strati di carta giapponese, che ha fibre lunghe che si legano insieme saldamente, per rafforzarlo e appiattirlo.La cosa meravigliosa è che il restauro è stato uno sforzo sinergico di gruppo tra diverse istituzioni, a cominciare dall’Istituto centrale per il restauro dei Musei Vaticani. Il restauro e l’allestimento della nuova sala Raffaello sono stati resi possibili grazie alla generosità e alla passione per l’arte di Giuseppe Rabolini. È un incredibile collezionista di opere contemporanee su carta».
Da cinque anni è direttore della Pinacoteca. Qual è la natura del suo lavoro?
«La gioia di conservare il museo più antico di Milano per mandato del Collegio dei Dottori, che è uno degli organi che amministrano l’Ambrosiana. L’altro è la Congregazione dei Conservatori. Nel 1604, Federico Borromeo fondò il Collegio dei Dottori, che è essenzialmente il comitato scientifico, di cui faccio parte, con monsignor Marco Ballarini come prefetto. Poi c’è la Congregazione dei Conservatori dove Lorenzo Ornaghi è il presidente».
Avete molti visitatori?
«Sono 70 mila, ma stiamo assistendo a una crescita netta, grazie anche alla nuova sala Raffaello e alle mostre che celebrano il 500 ° anniversario di Leonardo da Vinci e che espongono tutte le pagine del Codice Atlantico. Mi piace ricordare che la Pinacoteca ha pezzi straordinari che vanno oltre i dipinti, come il mantello cerimoniale Tupinambá di una tribù brasiliana alla fine del sedicesimo secolo, interamente intessuto di piume. E’ uno dei pochi esempi esistenti di quest’arte ed è stato recentemente restaurato. Abbiamo anche una collezione unica di tavole rituali indiane con l’effigie di Virabhadra, la rappresentazione feroce di Shiva, regalo da un collezionista milanese. È una collezione molto diversificata».
Chi l’ha creata?
«Federico Borromeo, che donò la sua collezione di dipinti e disegni all’Ambrosiana nel 1618».
Chi sono i visitatori?
«La maggior parte è straniera. La biblioteca è tra le più importanti d’Europa grazie al la sua collezione di manoscritti, alcuni dei quali hanno arricchito la cultura europea, come “De divine proportione” di Luca Pacioli con disegni di Leonardo, “De perspective pingendi” con disegni originali di Piero della Francesca, il “Codice Atlantico” di Leonardo da Vinci e il “Virgilio” del Petrarca. Ci sono anche molti libri acquistati da Federico in Asia. Abbiamo uno dei più antichi Corani del mondo. Manoscritti miniati del XV e XVI secolo, provenienti da Baghdad, la più antica “Iliade” illustrata al mondo, insieme a molte opere arabe, ebraiche, siriache, armene e copte. Federico mandò dei suoi emissari in Africa e sul Monte Athos».
Chi frequenta la biblioteca?
Accademici di tutto il mondo, compresi gli studenti che lavorano alle loro tesi universitarie o di dottorato». 
Quali capolavori ospita la pinacoteca?
«Ritratto di un musicista di Leonardo, Cesto di frutta di Caravaggio, Madonna col bambino e tre angeli di Botticelli, due capolavori di Breughel il Vecchio commissionati da Federico, quattro dipinti di Tiziano e i miei preferiti, tre capolavori di Bramantino».
Milano è una città importante dal punto di vista culturale e religioso?
«Sì, grazie anche a molte persone che creano cultura di alta qualità. Sta diventando una città sempre più internazionale e mi piace pensare che l’Ambrosiana ne sia il centro. Mi piace il mio lavoro, e il fatto che le mostre e le conferenze che organizziamo servano a continuare a costruire ponti tra diverse religioni e culture».