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 2019  maggio 26 Domenica calendario

Il raduno delle mogli dei preti sposati

CITTÀ DEL VATICANO – «Mio marito è stato ordinato sacerdote e tale è rimasto anche dopo il matrimonio. Sarei felice se potesse tornare a celebrare messa e a confessare».
Hotel “Casa tra noi”, dietro il Vaticano. Anna Ferretti, è una delle tante mogli che, assieme ai rispettivi mariti sacerdoti, si sono date appuntamento a Roma per una tre giorni organizzata da Vocatio, un movimento che vuole sensibilizzare la Chiesa e la società sui problemi dei preti sposati. Sono cinquemila i sacerdoti italiani che hanno lasciato l’esercizio del proprio ministero dopo aver contratto matrimonio, centomila in tutto il mondo. Hanno abbandonato seppure sacerdoti, con l’ordinazione, rimangono per sempre. «Chiediamo l’approvazione del celibato opzionale anche nella Chiesa di rito latino come avviene in quella orientale», dice Rosario Mocciaro – sacerdote siciliano, sposato civilmente dal 1977 con Elena Inguaggiato. Afferma, invece, Anna Maria Tufano, anch’ella sposata con un prete: «Nonostante la chiusura manifestata da Francesco di ritorno da Panama, riteniamo che i tempi siano maturi. Le riforme nella Chiesa debbono partire dal basso. Siamo una risorsa non una riserva. Insieme, chiediamo più spazio per le donne nella stessa Chiesa».
Il crollo di vocazioni da anni affligge in particolare l’Europa. Molte parrocchie vengono chiuse o accorpate. A Roma, una parrocchia è stata affidata a un diacono sposato: Andrea Sartori, 49 anni, vive nella canonica di San Stanislao con la moglie Laura e i quattro figli. Così in altre parti del mondo. Al prossimo Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia si parlerà della possibilità che i “viri probati”, uomini sposati di una certa età e di provata fede, celebrino nelle zone sprovviste di preti. Dice Tufano: «Se i nostri mariti venissero “reintegrati" centinaia di parrocchie tornerebbero a vivere. Non solo, tantissimi preti in difficoltà, perché manca loro la dimensione affettiva, diverrebbero persone nuove».
Da Oltretevere i segnali di cambiamento sono più volte arrivati. «L’obbligo del celibato è in stridente contrasto con i diritti della natura e con l’etica evangelica, che la castità consigliava ma non imponeva», disse nel 1788 il cardinale Giuseppe Capecelatro. «Il primo Papa, san Pietro, era ammogliato», ripeteva in anni recenti il cardinale Léon-Joseph Suenens. Già più di dieci anni fa il cardinale brasiliano Claudio Hummes aveva sottolineato come, non essendo un dogma, il celibato potesse essere ridiscusso. Due anni fa così disse il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato: «Il magistero non è un monolite immutabile, ma un organismo vivente che cresce e si sviluppa». Con Giovanni Paolo II la chiusura sul tema fu totale. Così con Benedetto anche se, in via informale, Ratzinger si era detto disposto a riflettere sulla possibilità di mantenere il celibato obbligatorio per i vescovi lasciandolo facoltativo per i sacerdoti.
Con Francesco molte cose sono cambiate, almeno a livello di ascolto. Oggi, la messa che si celebra alle otto a “Casa tra noi”, viene celebrata su invito diVocatio dal vescovo di Ascoli, Giovanni D’Ercole. Che dice: «Anche quando, come in questo caso, non si sa che riposta dare, credo che si debba sempre ascoltare». Dice Maria Elena Badini, di “Donne per la Chiesa": «Ascoltare è decisivo. E lo sarebbe anche rivedere l’organizzazione della Chiesa ancora troppo maschile».