la Repubblica, 26 maggio 2019
Barack contro Michelle
«Barack Obama è letteralmente più popolare di Gesù, fra i democratici». Comincia così un lungo retroscena della rivista progressista The Atlantic, denso di speculazioni sul ruolo cruciale che l’ex presidente svolgerà in campagna elettorale. Anche se «nessuno dei 23 candidati alla nomination democratica sa bene come usare quella popolarità», nei prossimi 18 mesi dovranno trovare il modo di farlo.
Il patrimonio di consensi che porta in dote è confermato da questo sondaggio, fra gli elettori di quattro Stati-chiave che possono oscillare da un campo all’altro e assegnare la Casa Bianca (Florida, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin): lì il livello di approvazione di cui oggi gode Obama è del 54% mentre è solo il 40% per Donald Trump.
L’ampio reportage di The Atlantic contiene alcune chicche gustose sul mestiere di scrittore, che vede in competizione i coniugi Obama. Hanno firmato insieme un contratto con l’editore Penguin Random House per un anticipo complessivo di 65 milioni di dollari.
Soldi ben spesi finora, visto che il libro di Michelle è avviato a diventare l’autobiografia più venduta di tutti i tempi. Questo sembra preoccupare Barack – secondo le indiscrezioni raccolte da The Atlantic nel suo entourage – che non vuole sfigurare al confronto. Lui ci tiene a precisare che a differenza della moglie scrive tutto da solo, ed è noto che ha qualche talento: quand’era ancora un giovane senatore dell’Illinois semi-sconosciuto fu autore di un vero capolavoro, “I sogni di mio padre”.
L’indecisione sulla data della pubblicazione non è legata solo alla puntigliosa applicazione che Barack sta mettendo a scrivere. Il calendario politico è altrettanto importante. Il booktour diventerà per forza un evento politico, l’occasione per regolare i conti col suo successore alla Casa Bianca.
Tutto sta a capire quando Obama vorrà fare il suo vero rientro sulla scena politica, e a favore di chi. Di sicuro sarà la star alla convention democratica di Milwaukee nell’estate 2020. Ma a meno di uno scenario-catastrofe – una convention senza vincitore, Obama costretto a fare l’arbitro per salvare il partito dal caos – il discorso di Milwaukee sarà l’incoronazione del prossimo candidato e la spinta per lo sprint finale della campagna elettorale.
Da qui a là però si è già aperta una contesa sull’eredità di Obama. Joe Biden usa i suoi otto anni da vice di Obama e su questo fonda il suo vantaggio nei sondaggi. Almeno altri tre candidati, Kamala Harris, Cory Booker e Beto O’Rourke, si presentano come obamiani di ferro.
L’ala sinistra del partito è più critica sul bilancio dell’ultimo presidente: ricorda che il salvataggio di Wall Street nel 2009 contribuì a creare le condizioni di un’insurrezione populista a vantaggio della destra; né gli ha perdonato l’appoggio a Hillary Clinton contro Bernie Sanders. Lui sembra deciso a non dare il suo endorsement finché non si sarà espressa la base del partito, per rispetto verso la democrazia interna. Non è detto che ci riesca.