ItaliaOggi, 25 maggio 2019
A Berlino multikulti ok. Ma non per i figli
«Se avessi un figlio non lo manderei a scuola a Kreuzberg», osò dichiarare alla radio, la vigilia di Natale del 2006, l’allora sindaco di Berlino, il socialdemocratico Klaus Wowereit, omosessuale dichiarato, e abitante come me nel borghese quartiere di Charlottenburg. Mentre Kreuzberg è il quartiere a maggioranza turca, anche se adesso è diventato di moda, e gli stranieri comprano gli alloggi a caro prezzo, in prima fila noi italiani. Fu sommerso dalle critiche dai compagni di partito, dei verdi, dei postcomunisti della Linke. Il povero Klaus sarebbe stato un cinico e, ovviamente, un razzista. Fu costretto a chiedere scusa. Tutti ipocriti. I miei figli sono grandi, ma non manderei un mio nipote a imparare a leggere e scrivere a Kreuzberg, o Friedrichshein, in uno dei quartieri in cui sono in maggioranza gli stranieri, non solo i turchi.Berlino si vanta di essere multikulti, come dicono, cioè multiculturale, ma il sogno è fallito. Come doveva essere evidente, non si possono centrifugare le culture per giungere a un cocktail umano. È lo stesso errore che fanno a Bruxelles gli eurocrati che vorrebbero uniformare la nostra Europa, stabilendo il diametro esatto della pizza a Palermo e a Helsinki. Ognuno se la prepari come desidera, con i capperi o con gli ananas. E non si dovrebbe pensare di insegnare ai finlandesi ad affumicare le aringhe.
In certi classi di Berlino, solo un bambino è tedesco, o al massimo due. Sono come panda in estinzione, isolati, perseguitati dai compagni di etnie più numerose. I bambini ebrei se la passano male e, per evitare violenze, i genitori li mandano nelle loro scuole private. Come può un maestro insegnare a scrivere e a leggere se si trova innanzi scolari che parlano una decina di lingue diverse, e non si intendono tra di loro? Nella «Jens Nydahl Schule» di Kreuzberg su 370 allievi solo un bambino è tedesco. E non è un caso isolato. Nel quartiere in altre quattro scuole la percentuale dei bambini tedeschi non supera il 10%.
I genitori berlinesi fanno carte false per non mandare il figlio nella scuola di quartiere, se rischia di rimanere in minoranza, ha scritto Die Welt: «Wenn um die Kinder geht, ist Multikulti nicht mehr toll», quando sono in gioco i bambini, il multikulti non è più bello. «E quando i trucchi non bastano ricorrono persino agli avvocati», ha detto la direttrice di una scuola elementare, Frau Astrid Sabine Busse.
Nel quartiere di Mitte, la percentuale dei bambini stranieri è del 74% a Neuekölln siamo al 71%. Per legge, i genitori devono iscrivere il bambino alla prima elementare nella scuola più vicina a casa, come in Italia. Se non vogliono, devono presentare prima dell’inizio dell’anno scolastico, una richiesta scritta motivando le loro ragioni. «Su 190 scolari», ha detto Frau Busse, «una cinquantina viene dirottata altrove, da noi il 90% degli iscritti ha una famiglia con radici straniere». Ovviamente, non si può addurre di non gradire per il rampollo compagni arabi, o turchi. Si sostiene che l’edificio non sia igienicamente a posto, che l’aria del quartiere è inquinata. Oppure adducono di stare per separarsi, e spostano la residenza del figlio dai nonni, o da una zia in un quartiere meno problematico.
I berlinesi trovano cool, bello, il multiculturalismo e vanno a abitare nei quartieri più colorati e misti, ma cominciano a cambiare idea quando arrivano i figli, a cominciare già dal Kindergarten. Frau Busse sostiene che le preoccupazioni dei genitori sono infondate: gli ispettori scolastici hanno accertato che i bambini nelle classi in cui gli scolari sono in maggioranza, o quasi del tutto stranieri, imparano a leggere a scrivere normalmente. Ma padri e madri tedeschi hanno qualche dubbio.