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 2019  maggio 25 Sabato calendario

Intervista a Mark Hamill

Mark Hamill è uno degli attori più iconici della sua generazione. Non solo perché ha interpretato Luke Skywalker nella saga di Star Wars. Ma anche per il suo lavoro come doppiatore. Da quest’anno, è uno dei protagonisti della seconda stagione di Knightfall, in onda ogni giovedì sera su History (canale 407 di Sky). Interpreta Talus, un cavaliere crociato: «Una persona con cui non vorresti mai avere a che fare».
La prima volta che Hamill ha sentito parlare della serie è stato dalla produzione, che l’ha contattato per proporgli la parte. «Io, però, non l’avevo mai vista e così mi hanno mandato i dvd della prima stagione. Confesso: all’inizio volevo dire di no, perché non volevo partire e lasciare la mia famiglia per mesi interi. Ma poi ho accettato».
Perché?
«Cerco sempre nuove sfide. E Knightfall non assomiglia a niente di quello che ho già fatto. Ho letto la sceneggiatura e ho conosciuto un personaggio che non avevo mai incontrato prima. Si tratta di questo, di bilanciare sacrifici e conquiste. E anche se significava partire per la Repubblica Ceca e lasciare ogni cosa, ho detto di sì».
Perché l’hanno scelta per questo ruolo?
«A un certo punto l’ho chiesto anche io. E mi hanno detto che è stato per la mia voce. L’hanno immediatamente associata a questo personaggio».
È così importante la voce?
«Fa tutto parte dell’insieme. Ci sono alcune cose che, in un certo senso, puoi fare solo con la tua voce. Perché magari vieni truccato, cambi totalmente faccia, ti trasformi. La voce fa un po’ da catalizzatore: ti permette di rilasciare, in senso letterale a volte, il tuo personaggio».
Perché ha deciso di fare l’attore?
«Sono il figlio di mezzo e ho sette fratelli. Tre più grandi e tre più piccoli. Fin da bambino, ho sempre voluto intrattenere le persone. Con i pupazzi, facendo il ventriloquo, giocando con la mia voce. Ho fatto il mago, volevo fare il disegnatore, ho amato i fumetti. Ho sempre voluto fare parte di questo mondo. Per molto tempo, forse, non ho nemmeno saputo di voler essere un attore. Mi bastava esserci. Anche solo con la mia voce».
Di nuovo la voce.
«Quando ero bambino, ricordo d’aver visto questo show della Disney dove, per la prima volta, veniva mostrato in camera il doppiatore di Paperino. E io ero senza parole. Meravigliato. Colpito. Sorpreso. Avrò avuto cinque o sei anni. E ricordo che pensai: “Ci sono persone adulte che per lavoro fanno le voci! Voglio farlo anche io!”». 
E così ha cominciato.
«Piccoli show, piccole cose, anche nel giardino di casa o a scuola. È sempre stato qualcosa che volevo fare. Non ho mai avuto una seconda scelta. La prima volta che ho ottenuto un ruolo in uno spettacolo, al liceo, è stata dietro le quinte».
Non si è mai fatto problemi.
«Perché le cose migliori vengono dal nulla. Come dare la voce a Chucky, la bambola assassina, o ad altri personaggi. Il doppiaggio è una cosa che adoro, perché quando le persone non mi vedono mi sento, se possibile, anche più libero».
Sul set diStar Wars, il primo giorno, come si sentiva?
«La prima scena che abbiamo girato è stata in Nord Africa. Eravamo in pochi, io e altri attori. E poi c’era Sir Alec Guinness, che interpretava Obi-Wan Kenobi: un gigante, una persona gentilissima. Io ero molto felice. Dovevo interpretare un personaggio di un altro pianeta e di un altro tempo, con una macchina volante e una spada laser. Mi sono sentito veramente come se vivessi in “una galassia lontana lontana”».
Quando le riprese si spostarono a Londra, trovò un altro mondo ancora.
«Incontrai il resto del cast. Strinsi immediatamente amicizia con Harrison Ford. Era il più carismatico di tutti. Non doveva fingere, per essere Han Solo. Lui era Han Solo. E come Luke guardava a Han, io guardavo a Harrison».
Poi c’era Carrie Fisher.
«Me la ricordo piccola, dolce, sorridente. La più simpatica di tutti. Non puoi prevedere la chimica tra persone, ma quando c’è riesci a sentirla. Anzi, riesci addirittura a vederla».
E tra di voi c’era.
«Noi tre, semplicemente, funzionavamo. E pensare che, insieme a noi, stavano valutando anche altri tre attori: altri tre Luke, Han e Leila. Fu la moglie di George Lucas, Marcia, a insistere perché scegliesse noi. E il resto è storia. Però le ho raccontato questo aneddoto per un motivo».
Quale?
«Per ribadire che è il gruppo, con la sua forza e la sua unicità, a fare la differenza. Non avremmo funzionato allo stesso modo se non ci fosse stato uno di noi tre. Star Wars ha cambiato la nostra vita per sempre, e di questo sarò eternamente grato».