La Stampa, 25 maggio 2019
Da Cannes parla Silvester Stallone
Sulla faccia stropicciata dal tempo e da qualche intervento chirurgico di troppo, il sorriso di Sylvester Stallone svela un’innocenza infantile. Un modo semplice di godersi i momenti felici e di affrontare quelli bui: «Credo di essere stato molto fortunato, ma anch’io, come tutti, ho conosciuto la solitudine e la paura, l’importante è sapersi rialzare e andare avanti. I fallimenti ci rendono più forti e le cose più importanti si imparano proprio dagli errori».
La regia dell’incontro prevede un ingresso trionfale con l’attore che, in camicia a quadri e stivali camperos, sfila in mezzo alla platea, salutato da infiniti battimani: «Grazie per avermi regalato una carriera così lunga». Tra le sorprese della giornata c’è il regalo di Jean Paul Belmondo, che gli ha inviato una sua foto autografata in cui appare con i guantoni da pugile. Poi, dopo il bagno di folla, scorrono, in sequenza, l’assaggio del nuovo film Rambo V -Last Blood e la versione restaurata del primo capitolo della saga, diretto da Ted Kotcheff.
Il suo successo è legato a due personaggi, Rocky e Rambo. Come li descrive?
«In fondo rappresentano due modi di considerare l’esistenza. Rambo è solitario e pessimista. L’America, che lui ha amato più di tutto, come fosse una madre, lo ha rifiutato, lasciandolo ai margini, e così lui si è trasformato in un selvaggio. Rocky, invece, è un ottimista, un uomo normale che lotta per diventare speciale. Per me non è un film sulla boxe, piuttosto una metafora della vita, la storia di un uomo debole che diventa forte, qualcosa in cui tutti possono riconoscersi».
Perché ha riscosso un successo così enorme?
«È uscito nel 1976, in un periodo storico particolare, gli altri film dell’epoca, da Tutti gli uomini del Presidente a Taxi driver delineavano scenari cupi. Forse la gente aveva bisogno di altro. E comunque non si sa mai fino in fondo perché una cosa piaccia tanto, quello che è certo è che non ci saremmo mai aspettati un tale esito».
Di «Rambo» si è detto che è un eroe di destra. Che cosa ne pensa?
«Dal mio punto di vista la sua è una storia di alienazione, non un film politico sui reduci del Vietnam. Purtroppo, dopo averlo visto, Reagan dichiarò che Rambo era un repubblicano, ma per me non era così».
Ha mai avuto voglia di interpretare personaggi diversi?
«Ogni attore ha le sue caratteristiche, sa fare bene una cosa e meno un’altra. Io mi sono specializzato nel mio campo, l’eroe d’azione, so che altri possono fare meglio in ambiti diversi. E questo vale per tutti, Dustin Hoffman non avrebbe potuto fare Rambo e Stallone non avrebbe potuto essere Tootsie».
Il suo grande rivale è stato Arnold Schwarzenegger?
«Assolutamente sì, ci siamo vicendevolmente odiati, ma andava bene così, c’è sempre bisogno di un nemico con cui competere. Adesso siamo grandi amici, ma io sono migliore».
Ha rimpianti?
«C’è stato un periodo, negli Anni 80, in cui ho fatto almeno 8 film solo per riempire i tempi morti. Un cumulo di sciocchezze. Me lo hanno chiesto anche le mie figlie “papà perché hai fatto quelle schifezze?”».
È stato candidato all’Oscar per «Creed», ma non ha vinto. Come l’ha presa?
«Ho provato un certo dispiacere e, dentro, mi sono sentito un po’ come Rocky. Sono stato comunque contento di essere tra i 5 film candidati, anche se credo che bisognerebbe gareggiare in modo diverso, ognuno nel proprio genere, altrimenti le performance non sono paragonabili».
I suoi attori preferiti?
«Il primo che mi ha davvero colpito è stato Kirk Douglas e poi Steve Reeves, lo vidi nelle Fatiche di Ercole e capii che il mio obiettivo sarebbe stato diventare come lui».
Di che cosa parla «Rambo V Last Blood»?
«Rambo è tornato a casa, è avanti negli anni, e il suo mestiere è salvare la gente dalle catastrofi. Lo fa da volontario, anche perché deve ancora vedersela con il senso di colpa per non aver salvato più gente in Vietnam. Verrà consumata anche una vendetta».
Tornerà sugli schermi anche nei panni di Rocky?
«Ho una grande idea per Rocky, una vicenda che ha a che fare con l’immigrazione, nuova e differente dalle altre».