Robinson, 25 maggio 2019
L’altra “Gioconda”
La Gioconda non è l’unica donna misteriosa nella vita di Leonardo. C’è un’altra figura femminile che semina dubbi sulla sua identità. Lui, lei e l’altra. Ma mentre la Monna Lisa un nome ce l’ha ( anzi due), la splendida Testa di donna custodita dalla Galleria Nazionale di Parma, nel Complesso Monumentale della Pilotta, resta ignota alle cronache. In mancanza di indizi, gli studiosi le hanno attribuito un soprannome romantico, La Scapiliata, ispirato alla descrizione emersa da un inventario di casa Gonzaga del 1627: «un quadro dipintovi la testa di una donna scapiliata, opera di Lonardo d’Avinci». Nel capolavoro piccolo come un quaderno (24,7x21 centimetri) svolazzano i capelli di una fanciulla dal volto gentile, illuminato da colpi di biacca che le accarezzano la pelle come raggi di luna. Il grande Adolfo Venturi, parlando dei suoi lineamenti «dall’ombra soffice», la avvicinò ai disegni per i famosi ritratti di Leda. Altri vi hanno visto le sembianze della Sant’Anna londinese, o della Vergine delle rocce ( seconda versione), oppure di una delle Madonne che Leonardo imbastì per il re di Francia. L’indagine ancora aperta aleggia in sottotraccia nella mostra che inaugura a Parma ( fino al 12 agosto) organizzata con Fondazione Cariparma e intitolata La fortuna della Scapiliata di Leonardo da Vinci. Nell’ambito delle celebrazioni per i 500 anni dalla morte del genio toscano, il percorso ruota attorno a quest’opera enigmatica, icona assoluta di bellezza divina e umanità idealizzata. «Scoprire chi sia non è la questione principale» dice Simone Verde, direttore della Pilotta che ha curato il progetto insieme a Pietro Marani, massimo esperto di Leonardo. «L’ossessione di dare un nome alle cose è legata alla ricerca di oggettività tipicamente positivistica». Giustifica il tarlo di chi ha cercato di riconoscere i suoi panorami, come le prealpi ammirate all’epoca del soggiorno alla corte del Moro, compreso il manzoniano Resegone, che certamente Leonardo tratteggiò nelle sue cime dentellate, ma senza cadere nell’acribia didascalica. Altri hanno azzardato l’identificazione dei volti; per la Gioconda s’è parlato persino di un ritratto del Salaì ( modello, allievo, amante...) femminizzato. Forzature? «Fa parte del classico immaginario della storia dell’arte ottocentesca, impegnata anche nella reinvenzione romantica dell’artista. Maledetto, sessuomane, sperimentatore, genio!». Leda o non Leda, il mistero è un altro. E sta tutto nella resa delle «cose vive e naturali» come avrebbe detto Vasari. «Il tema del movimento – spiega Verde – coincide con l’evoluzione delle capacità mimetiche, il recupero di una visione illusionistica della pittura». Che qui si manifesta nella chioma slegata, nel capello ribelle che lascia fluire il vento («Li capegli scherzare insieme col finto vento») e ribalta l’estetica pettinata della crocchia. Insomma, Leonardo fece dei capelli un veicolo per i suoi studi sul dinamismo. Così, il piccolo e preziosissimo monocromo dipinto con pigmenti di ferro e cinabro su tavola di noce, rappresenta l’apice della sua arte per lo stupefacente livello di sperimentazione. In merito all’autografia: nessun dubbio. Il numero di copie e gli echi nella cerchia leonardesca confermano la mano, oltre alle vicende ben documentate. Appartenuta a Isabella d’Este, rimasta a Mantova dopo la vendita della collezione Gonzaga a Carlo I Stuart, la Scapiliata fu trafugata durante il sacco dei lanzichenecchi, per finire nella collezione del pittore e scultore parmense Gaetano Callani. Offerta dagli eredi dell’artista all’Accademia entrò infine nella Galleria Palatina. Un bel tour. Oggi tocca a lei accogliere i visitatori per la prima mostra allestita dopo due anni di restauri imponenti di tutto il complesso. Quarantamila metri quadrati di spazio, divisi fra Biblioteca Palatina, Teatro Farnese, Museo Bodoniano, oltre alle ricche collezioni archeologiche e moderne che Simone Verde sta rimettendo in ordine con nuovi percorsi e interventi di ripristino delle cornici sontuose, fra cui quella disegnata da Petitot per La morte di Virginia di Doyen, un colosso di sette metri per quattro.
A proposito di “accessori”, anche la Scapiliata, eletta testimonial di un rilancio del polo museale, sfoggia da pochi giorni una cornice coeva e principesca scovata da Verde sul mercato antiquario, perfetta per essere circondata dalle opere in mostra. Ecco allora la Leda di Windsor e quella del Castello Sforzesco di Milano, accanto a studi per acconciature in arrivo sempre dalle collezioni reali. Da confrontare con la celebre Salomé di Bernardino Luini e una testa vaporosa di Giovanni Agostino da Lodi. Il trionfo dell’haute coiffure. La nuova mise della Scapiliata brillerà in ottobre al Louvre per la grande mostra su Leonardo. Nel frattempo, Poste Italiane le dedica un francobollo per buste da 50 grammi. Il peso di una treccia.