Robinson, 25 maggio 2019
Hitchcock e le sue bionde
Bionde come quelle non ce ne sono più. Da pochi giorni se ne è andata anche Doris Day, a 97 anni, che del resto era stata la protagonista di un solo film di Alfred Hitchcock e la sola ad avere un aspetto da casalinga. Si intitola L’uomo che sapeva troppo, il che conferma la poca stima del regista per le donne, o per lo meno per le sue attrici: infatti chi sapeva troppo nella storia era il personaggio di Doris, ma pazienza. Sono leggenda le bionde del regista, ed è una casualità che ce ne siano di castane, come Shirley MacLaine, o addirittura brune come Karin Dor, in quanto, bionde dentro, aveva detto il regista nella celebre intervista a François Truffaut. Comunque bionde, cioè secondo lui, pessime. Thilo Wydra, scrittore e giornalista tedesco, dedica a quelle celebrità un libro felicemente con molte fotografie, Le bionde di Hitchcock, bella prefazione di Paolo Mereghetti. Non so chi le ricordi, non so chi tra gli under 50 abbia mai visto i loro film, non so chi oggi potrebbe trovarle irresistibili: le donne da anni sono scomparse, ci sono solo ragazze anche sessantenni, e se fanno le Miss hanno tutte i capelli lunghi e lisci e le bocche rifatte a 20 anni, se teleshowgirl hanno scollature vertiginose e seni marmorizzati, se attrici sono spettinate e straccione, se molto giovani sono quasi sempre in mutande, se modelle sono brutte perché fa sfilata. Ai tempi del grande cinema in bianco e nero, di Hitchcock, del mitico, lungo divismo adesso istantaneo e riservato a Grandi Sorelle e Cuoche, lo schermo pretendeva bellezza ma soprattutto fascino, mistero, signorilità, e sin dalla copertina il libro trascina nel mondo scomparso della seduzione glaciale e per questo appassionata:Caccia al ladro, 1955, due visi vicini, labbra che non si sfiorano per un millimetro, sguardi lontani, la perfezione serena del viso di una Grace Kelly di 25 anni, (ladra di gioielli), e quella matura di Cary Grant ( ladro pure lui), allora la passione delle signore di tutto il mondo, che aveva il doppio degli anni, ma erano tempi così e non solo sullo schermo, lei non più di 30, lui anche vegliardo tanto l’uomo era, o è, l’uomo. Quasi tutte le sue bionde stanno per essere uccise o si suicidano o vengono prese per pazze, o sono pazze o disponibili a qualsiasi empietà. L’innocente bionda Joan Fontaine, 23 anni in Rebecca, la prima moglie, 1940, sposa il fosco vedovo con castello e forse uxoricida, (tipo il Rochester di Jane Eyre), il meraviglioso Laurence Olivier, dieci anni di più. La bionda ladruncola con amante, Janet Leigh, dopo mezz’ora di Psycho, 1960, viene macellata a coltellate, nuda nella doccia, con schizzi di sangue, forse da una vecchia orribile (come tutte le vecchie di Hitchcock) che poi risulta essere il giovanotto Anthony Perkins en travesti materno. E la bionda psicotica Kim Novak, 24 anni, inseguita dal cinquantenne rugoso James Stewart in La donna che visse due volte, 1958? Se lei è vestita di verde è viva, se di grigio è un fantasma, o viceversa e poi ambedue, se ho capito, si buttano da un campanile. O forse no. Nessuna donna sullo schermo è mai stata così squisitamente bella come Ingrid Bergman nel famoso Notorious, 1946, forse anche in virtù del bianco e nero; tedesca alcolizzata per amore di Cary Grant agente segreto americano, diventa spia e sposa un ricco nazista che quando sa, assieme alla vecchia mamma assassina, vuole avvelenarla a poco a poco.
Hitchcock ha avuto una sola moglie, Alma Reville, una donna di aspetto qualsiasi e sua preziosa collaboratrice, oltre che madre della loro unica figlia. Lui era decisamente brutto, pancione, con guanciotte e labbro pendulo che non suscitava pensieri di baci. E non sempre la simpatia compensa, e neppure il potere. Di molestie allora non si parlava, se c’erano si faceva finta di niente, e pare che poche fuggissero, tanto era così dappertutto. Ma lui era un grande regista di grandi film, profondi e intelligenti, coraggiosi con le sue storie delittuose, le trame oscure, il potere dei sogni, le allucinazioni, edipo, memoria, psicanalisi, e per lo spettatore il cuore in gola sino alla fine. E gli attori che lui definiva bestiame aspiravano a lavorare con lui, accettando, dicono, di tutto nel silenzio del moralismo hollywoodiano. Ma come racconta il libro, almeno una delle sue bionde non ci sta, l’algida Tippi Hedren ( mamma di Melanie Griffith e nonna di Dakota Johnson, la verginella acciaccata delle Cinquanta sfumature) protagonista del tuttora terrificante Gli uccelli, 1963, e del freddoMarnie, 1964: decenni dopo lo definisce «misogino, sadico, un mostro». E nella sua autobiografia racconta di molestie in macchina e nel camerino, e dichiarazioni d’amore e minacce di stroncarle la carriera. Gli appassionati di Hitchcock smentiscono. Non so perché il libro escluda una bionda che più bella e lussuosa e crudele e bugiarda non ce ne è: la diva italiana Alida Valli, fantastica protagonista di Il caso Paradine, 1947, che seduce l’avvocato sposato Gregory Peck, inganna il suo difensore Charles Laughton, uccide per amore.