la Repubblica, 25 maggio 2019
Catania travolta dai debiti
Ne hanno viste e passate di tutti i colori, a Catania. Mai però come questa. Il Comune affonda in una voragine di debiti: un miliardo 580 milioni 78.604 euro. Ovvero, 5.041 euro per ogni catanese, cifra che va ben oltre il debito procapite pregresso dei cittadini romani che sta facendo litigare grillini e leghisti e si aggira sulla già astronomica somma di 3.800 euro. E parliamo dei debiti accertati al 18 giugno 2018, data d’insediamento del nuovo sindaco di centrodestra Salvo Pogliese che ha rilevato l’amministrazione di Enzo Bianco. Perché il conto potrebbe essere ancora più salato. Sui tre commissari nominati per gestire il dissesto del Comune dichiarato il 13 dicembre dello scorso anno che stanno facendo i conti, sono piovute altre 833 richieste di ammissione al passivo. In una situazione così grave da indurre uno schieramento che comprende i sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl, ma anche le organizzazioni datoriali da Confimprese a Legacoop e perfino la Chiesa a scrivere una lettera allarmatissima al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al capo del governo Giuseppe Conte. Temendo “un fallimento nel fallimento”, con la conseguenza di andare incontro a “una catastrofe certa”. Un default infinito, con una crisi finanziaria che si avvita senza soluzione di continuità. Al punto da mettere seriamente a rischio, già a partire dal primo agosto, il pagamento degli stipendi “di circa 6 mila tra dipendenti pubblici e privati, coinvolti nel dissesto, nonché di altri 2 mila dell’indotto”.
Ma il peggio deve ancora venire, avverte il segretario generale della Cisl di Catania Maurizio Attanasio: «Staremo a vedere cosa accadrà quando non ci saranno più i soldi per raccogliere e smaltire i rifiuti. Il Comune spende 85 milioni l’anno, ma l’evasione della Tari supera ormai il 60 per cento. La tassa è quasi raddoppiata e strozza i cittadini in difficoltà economica e le piccole attività commerciali».
In tutto questo la politica brancola nel buio, non sapendo che pesci prendere. Ma su come sia stato possibile giungere a questo punto, ci sono storie illuminanti. Come la spesa di 939 mila euro l’anno per la manutenzione e la pulizia di 8 (otto) bagni pubblici. Più di 117 mila euro per ogni gabinetto, a carico della partecipata Multiservizi che ha 400 dipendenti: quando la vicenda è stata resa nota, a metà marzo, erano senza stipendio da due mesi. Con quella cifra, secondo le quotazioni del mercato immobiliare, a Catania si può acquistare una appartamento da 90 metri quadrati. Per non parlare del numero dei dipendenti comunali a cui spettano benefici vari, quali per esempio quelli garantiti a chi ha parenti disabili o gravemente malati: ne godrebbe al Comune fino a un terzo del personale.
Difficile che non esista un rapporto fra un andazzo del genere e il dissesto. Ed è evidente che la cosa viene da lontano. Già nel 2001 l’ex ministro dell’Interno Enzo Bianco, sindaco dal 1993 al 2000, accusava il suo successore forzista Umberto Scapagnini di portare la città verso il crac. Durante la gestione del medico personale di Silvio Berlusconi si verificarono cose turche. Per pagare lo spettacolo di una compagnia di ballerini brasiliani fu necessario attingere ai fondi dell’8 per mille. E la Soprintendenza bloccò la vendita di alcuni immobili di pregio che sarebbe servita a tappare i buchi di bilancio sempre più profondi.
Per la sua azione da sindaco Scapagnini, poi sanzionato nel 2011 dalla giustizia con una condanna in primo grado a 2 anni e nove mesi, fu ricompensato dal Cavaliere con un seggio alla Camera. Mentre il suo posto a Catania veniva preso dall’ex missino Raffaele Stancanelli. Al quale, appena aperti i cassetti, poco mancò che venisse uno sturbo. C’era un buco di 140 milioni e anche lui fu costretto ad appellarsi a Berlusconi. Che non lo deluse, guarda caso proprio insieme alla ripulitura dai debiti del bilancio del Comune di Roma, appena conquistato da Gianni Alemanno. E la questione del tandem Catania-Roma che agita la politica oggi curiosamente si ripropone.
Ebbe anche la rara opportunità, Stancanelli, di votare in Parlamento per il salvataggio del suo Comune: in quanto contemporaneamente senatore del Pdl e sindaco di Catania. Ma cinque anni dopo avrebbe lasciato al redivivo Enzo Bianco, oltre alla poltrona da sindaco, anche una richiesta di pre-dissesto presentata a gennaio 2013. Poche settimane prima di andarsene. Il vice sindaco di Stancanelli si chiamava Roberto Bonaccorsi, dal 2010 assessore al Bilancio. Cinque anni dopo, vice sindaco e assessore al Bilancio è di nuovo lui. Tornato dopo una parentesi come sindaco di Giarre, paesone della provincia, incarico da cui si è dimesso nel 2016, ha avuto le deleghe da assessore di Catania il 13 luglio 2018. E siccome qui un dissesto non si nega a nessuno, il giorno prima l’aveva dichiarato anche Giarre.