S1 – ALE LA TENSIONE TRA STATI UNITI E CINA PECHINO VENDE 20 MILIARDI DI T-BOND, 24 maggio 2019
UN PECHINO DI RITORSIONE – XI JINPING HA UN’ARMA MOLTO EFFICACE NELLA GUERRA CONTRO TRUMP: IL DEBITO USA – LA CINA POSSIEDE IL 6% ( PIÙ DI 1.200 MILIARDI) DEI TITOLI DI STATO AMERICANI – NON È NEL SUO INTERESSE VENDERLI, MA POTREBBE FARLO COME RITORSIONE PER IL CASO HUAWEI. LO HA GIÀ FATTO A MARZO METTENDO SUL MERCATO 20 MILIARDI DI T-BOND – IL FONDO MONETARIO VEDE NERO E LA "YIELD CURVE", LA CURVA DEI RENDIMENTI SI È INVERTITA DI NUOVO... -
Flavio Pompetti per “il Messaggero” «Se gli Stati Uniti vogliono continuare il negoziato, dovranno prima mettere riparo ai torti che hanno commesso. Solo a quel punto potremo tornare a discutere». Il portavoce del ministero per il Commercio cinese Gao Feng ha aperto la giornata ieri con un appello che sembra ormai totalmente fuori tempo. Mentre Feng parlava, la Borsa di Shanghai era in rosso e avrebbe chiuso la giornata con una perdita dell' 1,3%, così come sarebbe poi toccato a quelli europei e alla piazza di Wall Street.
All' inizio di marzo ancora un quarto degli investitori credevano nella possibilità di un ritorno del toro in borsa. Oggi l' ottimismo è svanito, non solo per l' andamento dei titoli che si avviano a registrare un' altra settimana di perdite, ma riguardo all' idea che la guerra commerciale dichiarata da Trump contro la Cina possa giungere alla fine, o anche generare una tregua a breve termine.
L' incontro tra Donald Trump e Xi Jimping che era stato ventilato per il prossimo G20 in Giappone, non è ancora stato inserito nell' agenda diplomatica, e potrebbe sfumare del tutto. Il governo di Pechino ha iniziato ad alzare il tiro già a marzo, quando ha messo in vendita una tranche di 20 miliardi di dollari in T-bond, i buoni del Tesoro Usa.
La decisione, resa pubblica solo qualche giorno fa, non è inedita: altre volte in passato è stata presa per rinforzare lo yuan. Questa volta nel clima di sospetto e di tensione in cui si vive, è stata però interpretata come una minaccia di un potenziale, futuro affossamento del mercato. La Cina detiene olre 1.200 miliardi di dollari in titoli di Stato degli Usa, che equivalgono al 6% di un debito nazionale di 22.000 miliardi, e che rappresentano l' intera entità del deficit di bilancio più recente. Non è nel suo interesse inondare il mercato e vedere il loro valore crollare, ma potrebbe essere spinta a farlo per procurare danni consistenti all' economia statunitense.
LE MINACCE Il peso delle minacce in corso è stato denunciato ieri ancora una volta dal Fondo monetario internazionale. Gli specialisti dell' istituto calcolano che la disputa tra Trump e Xi Jinping ha già inflitto una perdita dello 0,3% al Pil globale, e temono che il rosso possa diventare ancora più profondo con il deterioramento dei rapporti in atto tra i due paesi.
Una crescita minore vuol dire anche una riduzione dei consumi: il petrolio ieri è sceso per la prima volta da marzo sotto i 60 dollari al barile, tanto da minacciare il livello di profittabilità delle raffinerie dell' Arabia Saudita. A Washington i consiglieri di Trump stanno studiando altre aree commerciali alle quali estendere il bando che ha già colpito la telefonia mobile cinese, e a Wall Street i titoli del settore energetico sono già contagiati dal malore che ha colpito i grandi produttori di processori.
In Giappone Toshiba e Panasonic sono state costrette e rescindere i contatti commerciali con la cinese Huawei, finita nelle liste di proscrizione statunitensi, così come il giorno prima avevano fatto i giganti britannici della telefonia. Il governo cinese ha presentato una protesta formale al Wto per le decisioni arbitrarie e unilaterali che gli Stati Uniti stanno prendendo ai loro danni.
Anche Trump ha dei problemi casalinghi da affrontare. Ieri ha dovuto annunciare un nuovo pacchetto di sussidi di 16 miliardi di dollari a favore degli agricoltori del midwest, i più colpiti dalle ritorsioni cinesi perché quest' anno sono riusciti a piazzare le derrate di soia e di altri cereali solo ai prezzi scontati che il mercato privo del maggiore acquirente internazionale ha potuto offrire. La cifra si aggiunge ai 12 miliardi già stanziati lo scorso autunno, e non è ancora sufficiente a detta degli agricoltori a pareggiare le perdite. Nessuno compenserà invece Qualcom, Intel, Xilinx e Broadcom degli 11 miliardi di acquisti mancati della sola Huawei, oltre a quelli delle altre 68 aziende che con lei sono state bandite dal mercato statunitense.
2 – I T-BOND INVERTONO LA CURVA DEI RENDIMENTI: RECESSIONE IN ARRIVO? Riccardo Barlaam per www.ilsole24ore.com
La curva dei rendimenti tra buoni del tesoro americani a dieci anni e a un anno giovadì 23 maggio si è invertita. È la seconda volta che accade da inizio anno, ed è un pericoloso segnale di recessione in arrivo. Pesano le tensioni prolungate sulla «trade war» tra Stati Uniti e Cina e i dati congiunturali negativi americani.
L’indice Pmi che registra l’andamento dell’attività manifatturiera, a maggio, nella sua prima lettura, è peggiorato di due punti, a quota 50,6, da 52,6 di aprile. Frenata maggiore da quasi un decennio, dal settembre 2009. Oltre le aspettative degli analisti che prevedevano un calo a 50,5 punti.
Non è l’unico dato negativo. Le vendite di nuove case negli Stati Uniti in aprile sono scese del 6,9%, a 673mila unità. Il calo è deciso. Gli economisti stimavano un rallentamento al 2,8%. A marzo le vendite di nuove case avevano raggiunto le 723mila unità. Il livello più alto dall’ottobre 2007. Il declino di aprile arriva dopo tre mesi consecutivi di crescita. Gli americani vorrebbero riaprire i negoziati interrotti a inizio maggio e si sono detti disponibili per bocca del segretario al Tesoro Steven Mnuchin a individuare una data. Ma dalla Cina è arrivato un chiaro stop alle trattative con gli Usa che ha mandato in tilt in mercati: «Se vogliono davvero continuare i negoziati gli Stati Uniti dovranno, con sincerità, rivedere le loro decisioni sbagliate. Solo allora i colloqui potranno riprendere», ha detto Gao Feng, portavoce del ministro del Commercio. Gli investitori hanno spinto gli acquisti sui bond, in contrapposizione con l’ondata di vendite che ha colpito i mercati azionari. La variazione sul mercato dei titoli di stato è stata chiara e decisa con il Tbond a 10 anni crollato di 8 punti base in poche ore: maggiore variazione in un singolo giorno di contrattazione dallo scorso primo aprile. Gli investitori sui futures dei fed fund scommettono su due tagli dei tassi monetari di un quarto di punto nella seconda metà dell’anno, e di un terzo taglio possibile nella seconda metà del 2010, dopo la pubblicazione delle minute dell’ultimo vertice della banca centrale americana che parlavano di atteggiamento attendista, ma «per adesso», senza preclusioni per il futuro.
I rendimenti su alcune emissioni, come i Treasury a dieci anni e a 30 anni sono scesi ai livelli minori dell’anno, e hanno funzionato da calamita per gli investitori, determinando rendimenti ancora più bassi. Giovedì i Tbond a dieci anni hanno toccato il 2,29%, ai minimi da ottobre 2017.
Così per la seconda volta da inizio anno il rendimento delle obbligazioni a dieci anni è sceso sotto al livello dei Tbond a un anno. La curva dei rendimenti inversi è un segno di recessione imminente. Il mercato obbligazionario americano ha seguito quello europeo, nel quale il Bund tedesco ieri è scivolato a un rendimento addirittura negativo, a -0,12%, per le preoccupazioni legate al voto per il rinnovo del Parlamento europeo di domenica prossima. Wall Street ormai crede che la guerra commerciale continuerà, che non ci saranno negoziati tra le due delegazioni a breve e che la amministrazione Trump tra 30-45 giorni imporrà altri dazi sui 300 miliardi di dollari di export cinese rimasto finora fuori dalle barriere tariffarie, in un paniere di prodotti tra i quali ci sono anche le sneakers, i giocattoli e l’elettronica di consumo. Le Nike e gli Iphone prodotti in Cina che colpiranno aziende e consumatori americani.
Il rendimento dei Tbond, che si muove inversamente al prezzo, ha seguito l’ondata di vendite che ha colpito i mercati azionari. Wall Street ha chiuso la giornata in calo, con il Dow Jones che ha ceduto 286 punti, ovvero l’1,1% a 25.490 punti, ma durante la seduta è arrivato a perdere oltre 400 punti.