Il Messaggero, 24 maggio 2019
L’intervista Cesare Mirabelli
Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte costituzionale, è nato a Gimigliano (Calabria).
«Non buttiamolo a mare ma rivediamolo profondamente». Mentre infuriano le polemiche, Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, spiega perché rimodulare il reato di abuso d’ufficio, o almeno la sua applicazione, sarebbe importante.»Se fosse eliminato non mi stupirei», dice.
Oggi non c’è un sindaco che non sia almeno stato indagato per abuso d’ufficio
«L’abuso d’ufficio si configura quando la condotta di un pubblico ufficiale non rientri in altre fattispecie di reato, ha quindi una parte residuale ma molto ampia. Tuttavia non è indeterminata, l’ingiusto vantaggio patrimoniale o il danno per l’amministrazione definiscono l’ambito di applicazione. Così com’è, di certo, rappresenta un’arma a 360 gradi nelle mani dell’accusa, alcune volte alla ricerca dell’abuso. Ma non bisogna confondere l’illegittimità amministrativa con l’abuso d’ufficio»
In che senso?
«Non sempre l’illegittimità di un atto amministrativo può configurare un reato. La distinzione tra illegittimità amministrativa e la condotta penalmente sanzionabile è sottile. Ma è chiaro che gli amministratori sono molto condizionati, preoccupati. E questo rallenta tutto. Anche i più onesti devono far fronte a molte insidie».
Temono di essere indagati?
«L’elemento che tocca la scioltezza delle procedure non è tanto il timore di una condanna e dunque della pena, quanto del processo. Oggi, la paura del processo, che ha un costo, una lunga durata e un effetto anche sulla considerazione amministrativa della persona, induce i pubblici ufficiali a non assumersi rischi e responsabilità. Questo è il limite».
In che direzione andrebbe modificato?
«È stato modificato nel’97, nel tentativo di definirlo meglio. Ma penso si possa delimitare ancora. Tutto può essere oggetto di accertamento, per avviare un processo è sufficiente che qualcuno faccia una denuncia e, allora, l’iscrizione sul registro degli indagati diventa un atto dovuto. Anche un atto legittimo può determinare un danno o un vantaggio. Se venisse abolito non mi scandalizzerebbe, ma mantenerlo rivedendone il contenuto e assicurando tempi di decisione necessariamente brevi e immediati, sarebbe opportuno».
Cioè processi più veloci?
«Come si dice, il processo è una pena che si sconta a lungo. Quindi la velocità dei processi che riguardino questi tipi di reato sarebbe indispensabile. Il primo intervento dovrebbe riguardare la precisazione della fattispecie, ma anche una migliore disciplina amministrativa e controlli interni agli uffici, che eviterebbero atti arbitrari e abusivi. Un’amministrazione che funziona riduce le smagliature che consentono di configurare responsabilità penali. Poi la velocità del processo. Sarebbe indispensabile un giudizio immediato, anche perché si tratta di un’accusa che delegittima. Ma se si eliminasse sarebbe indispensabile ampliare altre fattispecie, il legislatore non voleva lasciare scoperte alcune condotte che non rientrano in altri articoli del codice. Se io assumo mio figlio o il figlio di un amico in una pubblica amministrazione, o in cambio di favori, è chiaro che la condotta debba essere sanzionata. Bisognerebbe eliminare il rischio che ogni illegittimità amministrativa possa essere anche letta come un abuso, anche perché spesso, sono gli uffici a curare le pratiche, non direttamente il responsabile».