Corriere della Sera, 24 maggio 2019
Coma Cose, ex commessi di successo
«Una storia rocambolesca». Fausto «Lama» Zanardelli e Francesca «California» Mesiano esordiscono così. Coppia nella vita e coppia artistica sotto l’insegna Coma_Cose, progetto in cui danno una personale frullata a rap, elettronica e cantautorato, sono partiti da un insuccesso. Un American dream ambientato in zona Ticinese.
Il flop è quello di Edipo, progetto solista di Fausto che firma un contratto con una major e pubblica un album che non funziona. «Mi ero arenato, avevo finito i soldi e perso la voglia», ricorda Lama («Nasce da una rima sull’attore Lorenzo Lamas»). Così cerca un lavoro e lo trova nel negozio, in Porta Ticinese appunto, dove lavora California («Volevo un nome geografico, in ballo c’erano anche Alabama e Anversa»). Fra i due nasce una storia. «Lei mi spronava a continuare con la musica, mi presentava amiche che avrebbero potuto collaborare, ma alla fine i provini con la sua voce erano meglio». Interviene Francesca: «Era un momento di caos e ci siamo buttati». Il nome nasce da quel momento. «Ironizza sulla fase di coma artistico e di vita che vivevamo. Cose lo abbiamo aggiunto a caso perché su Instagram Coma era già preso da un altro account. Adesso fa ridere, sembra da band gotica». Il passaparola li ha trasformati in fenomeno underground, prima milanese e poi nazionale, quindi sono arrivati l’album di debutto «Hype Aura» e un tour nei club. Questa sera a Milano saranno fra i protagonisti del Mi-Ami, festival che ha tenuto a battesimo la nuova generazione indie quando in pochi ci credevano.
Le canzoni sono disseminate di trappole linguistiche, una sfida a colpi di giochi di parole da Settimana enigmistica: «Alice guarda i gatti perché i Kanye West», «Mai una gioia tranne la fermata prima di Centrale», «Oggi tutto bene, sì, ma domani-comio» sono solo alcuni fra quelli della hit «Granata». «Non abbiamo inventato nulla: il rap anni 90 era così. Poi è arrivata la trap che ha dimenticato tutto; è perfetta per un momento storico in cui si veicola il nulla», si scalda Fausto. Sempre da «Granata»: «Mio nonno è tropicale, quindi ho un avo-cado». Nonsense puro che ha attirato insulti e critiche. «Siamo trasparenti e ci sta che nei testi finisca qualche stupidaggine. Come quando al bar con gli amici ti scappa una battuta che non funziona. Non sono un divoratore di libri, ma apprezzo la struttura matematica del sonetto e le figure retoriche», racconta lui. Diversi i riferimenti di lei: «Amo David Foster Wallace per il cinismo, le note a piè pagina e la mania per il dettaglio».
Il duo ha anche un altro lato, nemmeno tanto nascosto. Sullo sfondo di una Milano romantica ma non modaiola e vincente, raccontano storie di solitudine avvolte nel freddo esistenziale. «Senza fare politica, in brani come “San Sebastiano” c’è critica sociale. Preoccupa questa informazione ossessiva che fa perdere la capacità di analisi. Vorrei capire chi è il nemico prima di scendere in piazza: e allora lavoro sul quotidiano», dice Fausto.
Bilanciare affetti e lavoro a volte è complicato. «Se non fossimo una coppia non avremmo superato le difficoltà. In negativo c’è lo stress, non stacchi mai», dice lui. «E non c’è mai un momento di solitudine», rilancia lei. E dopo il successo? «C’è la paura del salto nel vuoto. La storia dei due commessi piace, ma Coma_Cose è la cronaca di ciò che siamo. E per farla dobbiamo vivere. Uno stimolo potrebbe venire da un viaggio».