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 2019  maggio 24 Venerdì calendario

Intervista a Borghezio, escluso da Salvini

«Estremista io? Rispetto a Matteo Salvini sembro uno della vecchia Dc. Sembro Mariano Rumor!». Escluso per la prima volta dalle liste per le Europee dopo 27 anni consecutivi a Montecitorio e Bruxelles nonostante mille dubbi sul passato d’estrema destra e mille accuse di razzismo, Mario Borghezio sventola buonumore: «La Lega è diventata un “partito borgheziano” di massa».
Con la zeta?
«Con la zeta: “borgheziano”! È così. Oggettivamente».
Ancora arrabbiato per l’esclusione?
«Non è stata un’arrabbiatura. Ma stupore. Consideravo Salvini un uomo che non commette errori. Con me ne ha fatto uno grave. Danneggiando la Lega. Perché i voti della destra pura, la destra più a destra, li ho sempre portati io».
E sul più bello l’han fatta fuori.
«Sì. Questo ha del grottesco. Un harakiri. Buttar via voti sicuri è inspiegabile. Razionalmente. Non credo ci sia del dolo. Superficialità».
Rappresentava il passato...
«Eh eh, ma ci sono i residui bellici. In Europa le forze politiche di spessore contano sull’esperienza. Io ci ho messo dieci anni a capire come funzionava. Comunque ho elaborato la mia teoria: il Padreterno nella sua immensa saggezza ha pensato: è così buona l’idea della Lega che ogni tanto le infiliamo un bel bastone fra le ruote così se la guadagnano, la pagnotta. E ogni tanto facciamo qualche enorme cazzata».
Non sarà che lei è troppo a destra perfino per Salvini?
«Ma va! Ripeto: rispetto a Salvini io sembro Rumor!»
Questa poi!
«È così! Soprattutto dopo gli esborsi ai quali mi ha costretto l’obiettivissima magistratura italiana... In un anno ho dovuto tirar fuori poco meno di 100.000 euro».
Per le querele?
«Ne ho dovuti pagare 40.000 a dei nomadi che non hanno i soldi per i bambini ma erano forniti di avvocati di prim’ordine. E 58.500 alla signora Cécile Kyenge...».
Ci credo: l’aveva chiamata «Bonga Bonga» dicendo che voleva «imporre le sue tradizioni tribali in Italia»!
«Ora capisce che su argomenti così, che abbiano una vaghissima attinenza con razzismo o xenofobia, quando parlo sono la controfigura moderata di un doroteo».
Ma Salvini gliela aveva promessa, ‘sta candidatura?
«Nella Lega storicamente non ci si candida. Stavo qui, buono buono. Aspettavo. Poi Salvini dichiara che ricandida tutti gli uscenti... Quindi mi attivo in quella magnifica regione leghista che è il Lazio. Trovo la sede, me la offrono gratis... Lei capisce, a Roma tira la nuova destra, mi conoscono, in quel mondo entro come nel burro fuso. Ho saputo da spifferi che non ero in lista».
Ma ne ha parlato con lui, Salvini?
«No. Ci siamo visti solo al comizio di Milano».
Anche lì pare averle dato ragione: il rosario, la Madonna, il crocifisso... Mancava solo «Don» Floriano Abrahamowicz, il prete lefebvriano che dopo aver bollato il Concilio come «cloaca maxima» e aver detto che i nazisti usavano il gas per disinfettare gli ebrei, aprì qualche anno fa l’assemblea leghista del Parlamento Padano a Vicenza...
«Eh eh... Ma ha ancora i suoi seguaci in Veneto, sa?».
Ancora?
«Certo. Ormai quest’area è tutta schierata. Mi fanno tenerezza quelli di Forza Nuova e di CasaPound perché il loro elettorato sarà inevitabilmente fagocitato».
Verso la Lega?
«A destra ormai la Lega è la Settimana enigmistica: gli altri sono imitazioni. Il mio slogan di cinque anni fa, “Prima gli italiani”, è diventato lo slogan di Salvini. Si ricorda che Renzi si incazzava sempre con me? Non capivo. Poi ho scoperto: quei “manigoldi” che affiggevano i manifesti con “Prima gli italiani” li avevano attaccati anche a Palazzo Chigi. E poi, scusi, chi ha sdoganato il rapporto con certi movimenti? Chi ci andava alle feste dei “bleu-blanc-rouge” in Francia o dei fiamminghi nelle Fiandre? Chi ha contattato per primo, vent’anni fa, Geert Wilders? Insomma, per me è un orgoglio: la Lega è diventata borgheziana».
È Borghezio che traccia il solco...
«È innegabile. È la verità. Non sto vantandomi. Non mi hanno candidato ma è così. È passata la linea mia».
Anche sulla Chiesa Salvini sarebbe venuto dietro a lei?
«Fino a un certo punto, perché, vi stupirete, io non avrei attaccato Francesco. Sa, fondamentalmente io sono un bergogliano».
Scherza?
«No. Nel fondo delle questioni, come l’antimondialismo, siamo vicini al Bergoglio che ha parlato al Parlamento europeo ed è stato applaudito fino a spellarsi le mani anche dalla Le Pen. Perché lui è un peronista».
Ma va...
«Diciamo che lui è tendenzialmente un peronista di sinistra, noi peronisti di destra. Ma il Bergoglio che tiene il punto contro il mondialismo è più affine a noi. Poi quando parla di immigrazione, certo, ci frusta. E come cattolico io sento l’anima frustata. Ma...».
Si considera un cattolico tradizionalista?
«Ma non sono mica solo! Parli col mio amico principe Ruspoli: lui pure è bergogliano. Più a destra di Ruspoli! Sì, c’è una bella corrente di destra bergogliana».
E Salvini? Anche lui cattolico tradizionalista?
«Boh... Non lo so. Diciamo che la sua conversione è un po’ recentina...».
Cosa ha detto?
«Recentina. È un percorso recente. Non dico di settimane ma... Mi fa piacere, ovvio. Certo, mi ha sorpreso. Non so se vada a messa ma questo è un altro discorso. A me è sembrato sincero. Anche Medjugorje... Diciamo che non è un teologo. Non credo sia abbonato come me a riviste tipo “Sì sì no no”».
Quella che sotto la testata ha monsignor Lefebvre?
«Ecco. Io lì ci perdo il sonno. In Matteo vedo il cattolicesimo popolare e popolano. Certi discorsi salviniani, per gli ascoltatori di Radio Maria, sono musica nelle orecchie».
Certo che gli elogi a Wojtyla dopo averlo attaccato per anni...
«Diciamo che la Lega ha avuto delle evoluzioni prima di “borghezizzarsi” completamente».
Se c’è qualcuno che usava parole di amicizia verso i rom è stato Wojtyla!
«Ma forse Matteo non lo sa. Lui pensava al nazionalista polacco. L’anticomunista. Radio Maryja... Ma va bene così».