Corriere della Sera, 24 maggio 2019
La lezione della Cina a Trump
PECHINO «Invito agli americani ad apprendere i nostri modi dire». Con questo titolo l’agenzia Xinhua ha lanciato una serie di proverbi cinesi all’attenzione degli Stati Uniti. È una delle trovate della propaganda nella guerra commerciale e in questo campo la Cina ha molte munizioni, vista l’infinita produzione di consigli sapienti che in Occidente vanno sotto la categoria (spesso apocrifa) di «Come disse Confucio».
Primo estratto di saggezza rivolto a Donald Trump: «L’arroganza porta male», risalente alla Dinastia Song, un cui generale intorno all’anno Mille fu messo sotto accusa, processato e giustiziato per i suoi soprusi. Spiegazione della Xinhua: con i suoi dazi Donald Trump ha danneggiato tante persone, questa arroganza si ritorcerà contro di lui. Secondo proverbio: «Il cavaliere saggio ferma il suo cavallo sull’orlo del precipizio, non continua a rotta di collo su un percorso che porta all’abisso».
«Chi si rimangia la parola data è inaffidabile» si legge in un altro brano accompagnato da una vignetta di Trump vestito da Zio Sam, piedi sulla scrivania dello Studio Ovale, mentre strappa e getta all’aria accordi pronti per la firma (riferimento al testo dell’intesa denunciato dalla Casa Bianca a inizio maggio). Ancora un adagio: «Senza sincerità non nasce fiducia, senza fiducia non si ottiene niente». È stato rispolverato anche il grande filosofo confuciano Mencio, che a quanto si tramanda disse: «Una causa ingiusta non trova sostegno». La causa ingiusta in questo caso sarebbe il protezionismo commerciale della Casa Bianca.
La Xinhua ha probabilmente deciso di ricorrere ai proverbi osservando la passione dei politici americani per i detti cinesi. Giorni fa il candidato presidenziale democratico Pete Buttigieg ha attaccato Trump sul famoso e famigerato muro anticlandestini: «Mi è venuto in mente il detto cinese secondo cui “Quando il vento cambia alcuni innalzano muri, altri costruiscono mulini”». I cinesi, colpiti, hanno fatto ricerche d’archivio ma non sono riusciti a trovare la fonte della massima.
Oltre le parole la musica: la guerra commerciale ha una colonna sonora. Un ufficiale in pensione ha scritto dei versi sulle note di una marcia patriottica risalente alla resistenza antigiapponese. Ecco il testo: «La sfida oltraggiosa dei dazi americani non ci spaventa... la Belt and Road vincerà». Il brano, con lo sfondo di un pugno chiuso, è stato lanciato sul social network WeChat ed è diventato virale.
A Pechino fanno notare che se Trump ha intitolato la sua autobiografia «The Art of the Deal», presentandosi come il re dei contratti d’affari, ogni bravo dirigente cinese ha studiato «L’Arte della guerra» del generale e filosofo Sun Tzu. «Noi cinesi sappiamo bene come fiaccare il nemico con una lunga lotta», ha scritto Hu Xijin, direttore del Global Times voce del Partito comunista dopo che Xi Jinping ha inneggiato alla Lunga Marcia (1934-1935).
Mette l’elmetto anche la tv statale, che nel fine settimana ha rispolverato una serie di film in bianco e nero sulla guerra di Corea. Titoli come «Figli e figlie eroici» e «Attacco a sorpresa». Squilli di tromba sui titoli di coda. Questa volta si sparano dazi e embarghi tecnologici.