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 2019  maggio 24 Venerdì calendario

Periscopio

Allarme ai giardinetti: cambia la direttiva Ue sulle panche? Dino Basili. Uffa News.Comprate terreni: non ne fabbricano più. Mark Twain, Guida ai grandi aforisti. Odoya, 2018.
Infilarmi sottoterra nella metropolitana come un topo, non fa per me. Isaac Singer, Anime Perdute.
Delia fumava, distesa nel grande letto matrimoniale, nella poca luce che dal lampione stradale raggiungeva il soffitto. Pupi Avati, Il papà di Giovanna. Mondadori, 2008.
Agli inizi di dicembre del 1993 Berlusconi mi telefonò per chiedermi un consiglio. «Non so a chi affidare il partito, che ne pensa di Mariotto Segni?», mi domandò. «Mi sembra flaccido», osservai. «E Mino Martinazzoli come lo vede?», proseguì. «Anche peggio. Mino, lumicino cimiteriale, è una specie di agente mortuario», risposi. Berlusconi rideva e mi ascoltava. A un certo punto incalzò: «Insomma, Feltri, lei chi metterebbe a capo di Forza Italia?». «Metterei Silvio Berlusconi perché quando ero direttore dell’Europeo feci fare un sondaggio al fine di sapere quale fosse il cittadino più ammirato d’Italia e al primo posto è risultato lei. Se decide di entrare in politica il partito deve dirigerlo lei, altrimenti lasci perdere», conclusi. Vittorio Feltri, Il borghese. Mondadori, 2018.
Partecipano alla festa di Natale di Esterino Montini e dell’ultima moglie Cirinnà, oltre a figli, nuore e nipoti, le due prime mogli di Esterino. È presente anche il fratello adottivo di Monica, di origine egiziana, e assente, per forza maggiore, il fratello carnale, Claudio. Ragazzo difficile già da adolescente, restio a studiare, Claudio Cirinnà è infatti latitante. Noto tra le sue cattive amicizie come «il matematico”, è inseguito da un ordine di cattura per traffico di carburanti con la Cechia. Da dieci anni, dice Monica, non ha rapporti con lui e ignora dove sia. Indiscrezioni, lo segnalano a Dubai come Giancarlo Tulliani, il noto cognato. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
Dieci giorni prima di morire mio padre volle confessarsi. Mi telefonò per dirmi che sarebbe arrivato a casa sua monsignor Gianfranco Ravasi, da poco nominato arcivescovo: «Vieni anche tu?». A me pareva di sognare, perché se c’è un momento di assoluta intimità, penso che sia quello fra penitente e confessore. Rifiutai, ovvio. Poi Ravasi tornò a trovarlo in quella stanza, la stessa dove s’era spenta anche mia madre (indica l’ultima finestra a destra al terzo piano della clinica Capitanio, che si vede dal salotto). E insieme recitammo il Padre nostro, che per papà era la preghiera più bella. Rimase lucido sino alla fine. Bice Biagi, giornalista, figlia di Enzo (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Karl Marx era un uomo privo di una seppure minima sensibilità psicologica e le catastrofiche conseguenze, proprio dal punto di vista della dimensione umana, provocate dalla sue teorie ovunque sono state messe in atto, ne sono la più evidente dimostrazione. È mancata a Marx l’intelligenza di un grande antropologo come Franz Boas, il quale, osservando con quanta fatica meticolosa alcune tribù di amerindiani tessevano degli elaborati disegni sull’orlo delle coperte, non riuscendo a vederne lo scopo, ne ha tratto la più «umana» delle conclusioni: «Anche i disegni fanno caldo». Ida Magli, Contro l’Europa. Bompiani, 2001.
Dall’alto della sua gloria e della sua boria, Roma sopporta chiunque e qualsiasi cosa, rifiuti che debordano e buche che ti squassano, quartieri interi persi alla causa della civiltà e autobus che li attraversano prendendo fuoco. Tutto e tutti sopporta, la Capitale, tranne chi pretende di non adeguarsi alla romanità. La Rai non è proprietà dell’Italia e degli italiani. La Rai è proprietà di Roma. E su questo Roma non transige. E non perdona. Carlo Verdelli, Roma non perdona – Come la politica si è ripresa la Rai. Feltrinelli, 2019.
Il buon giornalista è sufficientemente privo di fantasia da non poter lavorare senza la materia prima, cioè i fatti; per cui diffida di chi, invece, sa costruire agili pezzi dal «niente», dei saggisti, degli esperti di moralità, degli elzeviristi, degli articolisti di colore. Mino Monicelli, Il giornalista. Vallecchi, 1964.
«Nel 2017 lei, Benetton, mi raccontò che la fabbrica dei colori aveva spento i colori e che lei, tornando nella sua azienda rovinata dai manager, avrebbe provato a riaccenderli. Era determinato ma non sicuro di farcela». Tra storia e nuova fantasia, prevedo che nel 2020 la mia azienda tornerà in attivo. Ce la faremo. Abbiamo già ridotto il disavanzo del 40%: era di 180 milioni e adesso è sotto i 100. La squadra è quasi al completo. Oliviero Toscani ha chiamato lo stilista Jean-Charles de Castelbajac nuovo direttore artistico, abbiamo smesso di chiudere negozi e cominciamo ad aprire i nuovi. Ne prevedo cento in un anno. Luciano Benetton, industriale. Francesco Merlo. la Repubblica.
Il sergente si chiamava Rudi Kreutzer: un soldato austriaco molto popolare nella balera «La Pista» di Roma. Parlava un buono italiano Si considerava un maestro del valzer, che seguiva in una varietà particolare, da lui stesso perfezionata e su cui, a richiesta, impartiva sussiegose lezioni a chicchessia, nell’ilarità della sala. L’avevamo già incontrato diverse volte e ne ero stato allievo, ma scarso. Valerio Neri, Anna e il Meccanico. Marsilio, 2005.
Le guardie sovietiche avevano proibito alle contadine russe (ancora cristiane e pietose) dei villaggi via via attraversati dai prigionieri italiani di distribuire a questi ultimi del pane o di qualche patata cotta, cosa che ogni tanto esse tentavano di fare. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Edizioni Ares, 1983, 32 edizioni.
Oltrepassai i binari del tram, rasentai l’Hotel Principe Enrico, attraversai la Modestgasse, esitando un attimo prima di entrare nel Caffè Kroner; la porta a vetri, schermata da una tenda di seta verde all’interno, specchiò la mia figura: gracile, quasi piccola, qualcosa fra un giovane rabbino e un bohèmien, nero di capelli e di abito, con l’aria indefinibile di chi viene dalla campagna. Heinrich Böll, Biliardo alle nove e mezzo. Mondadori 1959.
Ma col gallismo di importazione coloniale bisogna andarci piano; quella «Facetta nera / bella abissina...» rischia di riempire la Penisola di bebè color nocciola e viene proibita dalla censura. È un severo richiamo alla purezza delle origini, una timida avvisaglia di quelle che saranno le leggi razziali. Franco Monicelli, Il tempo dei buoni amici. Bompiani, 1975.
In Italia la forza delle leggi sono le loro eccezioni Roberto Gervaso. Il Messaggero.