Corriere della Sera, 24 maggio 2019
Che cos’è l’abuso d’ufficio
L’ex ministro dell’Interno Enzo Bianco, tre volte sindaco di Catania a partire dagli anni 90, è riuscito a collezionare 10 informazioni di garanzia per abuso d’ufficio: «Dieci volte ma sempre prosciolto in istruttoria...», ci tiene a precisare ricordando che con un reato dai contorni così vaghi, «quasi nessuno dei 7.994 sindaci italiani riesce a terminare il mandato senza incappare in una contestazione per abuso d’ufficio».
Nei registri degli indagati delle Procure con riferimento all’articolo 323 del codice penale – l’abuso d’ufficio, appunto, uno dei reati più lievi contro la Pubblica amministrazione – sono entrati e usciti negli anni tantissimi sindaci di grandi città e di piccoli centri: Virginia Raggi, Luigi de Magistris, Filippo Nogarin e Giuseppe Sala, soltanto per citare i più famosi. Da ultimo si sono aggiunti anche il governatore lombardo Attilio Fontana e il collega calabrese Mario Oliverio: «Abbiamo stimato – spiega Enzo Bianco, che oggi è il presidente del Consiglio nazionale dell’associazione Comuni italiani (Anci) – che le indagini aperte dalle Procure per abuso d’ufficio siano state fin qui più di 100 mila».
Per incappare nel reato tipico degli amministratori, recita l’articolo 323, «il pubblico ufficiale, in violazione di norme di legge o di regolamento...», agisce, omette di astenersi in caso di conflitto di interesse, si procura intenzionalmente un vantaggio patrimoniale. Contro una formulazione dai contorni non certo stringenti, tre anni fa l’Anci guidata da Piero Fassino ha raccolto le firme di 500 sindaci di tutti i partiti messe poi in calce a una lettera inviata al capo dello Stato: «Sarei anche favorevole ad inasprire le pene se il pubblico ufficiale si procura un vantaggio patrimoniale, ma tutti gli altri casi andrebbero valutati per quello che sono», dice l’ex sindaco di Catania che, forte della sua esperienza alla guida dell’Anci, snocciola alcuni dati sulle pochissime condanne definitive: «Nel 60% dei casi, le indagini si chiudono perché è il pm a chiedere il proscioglimento; il 20% dei fascicoli si estingue davanti al Gip; il 18% va dibattimento ma solo il 2% dei procedimenti finisce con una condanna definitiva».
Nel 2016, il premier Matteo Renzi chiese al ministro degli Affari Regionali Enrico Costa di mettere in piedi una commissione sull’abuso d’ufficio che poi fu affidata alle cure dell’ex procuratore Carlo Nordio: «L’articolo 323 non può essere corretto. Va cancellato», fu la conclusione. Nella XVII legislatura, i grillini Bonafede, Colletti e Sarti hanno proposto di alzare da 4 a 5 anni la pena per l’abuso d’ufficio: «Per consentire intercettazioni e custodia cautelare», chiosa Costa. Che poi mette in mora Matteo Salvini sul recente decreto anticorruzione: «La Lega ha votato contro un mio emendamento che parlava di “specifiche” violazioni di legge e di regolamenti per impedire ai magistrati di appigliarsi solo al principio del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica amministrazione contenuto nell’articolo 97 della Costituzione». Da ultimo, il ministero della Giustizia ha fornito i dati 2015-2017 sulle condanne per abuso d’ufficio: sono l’11% in primo grado, pochissime quelle definitive. A fronte, a dire il vero, di una prescrizione che brucia quasi la metà dei processi.