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 2019  maggio 24 Venerdì calendario

In Forza Italia temono Cairo in politica



Ha anche lui una squadra di calcio, una tv, un giornale. Si è “fatto da solo”, ha risanato aziende, ha un curriculum perfetto per prendere il testimone di Silvio Berlusconi. Eppure, dentro Forza Italia la suggestione di Urbano Cairo in politica viene accolta perlopiù con cordiale freddezza. L’idea di un “papa straniero” che possa mettere pace tra le mille correnti del partito in lotta per raccogliere l’eredità politica del Cavaliere non convince quasi nessuno, al di là dei formali attestati di stima per il patron del Torino e editore de La 7 e del Corriere della Sera. 
Lui, peraltro, ufficialmente nega ogni progetto politico, lo ha fatto anche di recente, ma questo non significa molto: il copione prevede che si neghi tutto fino all’ultimo momento. Raccontano che proprio il Cavaliere, commentando l’annuncio di una legge sul conflitto di interessi di Luigi Di Maio, una decina di giorni fa, aveva detto: «Tutti pensano che M5s la voglia fare per me... Ma si sbagliano, il loro obiettivo è Cairo». 
Del resto, molto dipenderà anche dal risultato delle Europee: per una Forza Italia in fibrillazione, scendere sotto la soglia del 10 per cento sarebbe uno scossone che potrebbe mettere a rischio la tenuta del partito, con Giovanni Toti che tutti descrivono pronto a traslocare in un polo sovranista con Giorgia Meloni. In questo quadro, si aprirebbero praterie per un’iniziativa di Cairo.
«Il problema non si pone - dice il deputato Andrea Ruggieri - perché noi domenica faremo un grande risultato. Poi, qualunque futuro sviluppo deve deciderlo e architettarlo Silvio Berlusconi». Maurizio Gasparri addirittura consiglia a Cairo di evitare la politica, perché non bastano le tv e i soldi per fare come Berlusconi: «Lo conosco, è una persona validissima. Ma se fossi in lui continuerei a fare l’imprenditore. Certo, ha avuto successo in vari campi e potrebbe averlo anche in politica, ma non è così semplice che si ripeta la storia di Berlusconi». Anche perché «lo spazio politico è già coperto, i voti che escono da Forza Italia già vanno alla Lega... Se Cairo stesse pensando davvero di fare politica gli suggerirei di venire con me a fare campagna elettorale “on the road”... Credo che dopo una settimana rinuncerebbe».
Per il deputato Osvaldo Napoli «Cairo ha carisma e sa come raggiungere gli obiettivi». Ma anche lui avverte che sarebbe un errore l’idea di un’opa ostile: «Fi un leader ce l’ha e qualsiasi tipo di eredità credo che la debba decidere Berlusconi». Inoltre «uno che arriva spaccando non sarebbe un vero leader» e un partito di Cairo, in competizione con Fi, «corre il rischio di frammentare ancora di più il quadro, certamente al centrodestra non farebbe bene». 
Molto freddo anche Giorgio Mulè: «Dopo il 27 maggio ci sarà da fare una riflessione di grande respiro su Fi e sull’assetto del centrodestra, per me il leader è Berlusconi. Poi, che ci siano soggetti esterni che abbiano voglia e passione di mettersi in gioco, ben vengano. Che si chiamino Cairo o Rossi. Ma un leader c’è». Anche Roberto Occhiuto è convinto che «domenica i profeti di sventura saranno smentiti. Berlusconi ci sta stupendo, risorgendo mille volte. E poi Fi ha una classe dirigente di qualità, penso a Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, che avrebbero i numeri». 
Il politologo Alessandro Campi conosce bene il centrodestra e spiega: «Cairo ha tutto quello che servirebbe per replicare l’esperienza di Berlusconi, ma non so se abbia la capacità visionaria del Cavaliere. Non bastano i soldi». E la resistenza del gruppo dirigente di Fi non va sottovalutata: «Non credo che accetterebbero Cairo, a meno che non sia un’operazione pilotata da Berlusconi stesso. E non so quanto spazio ci sia per un partito moderato, in un’epoca in cui gli elettori sono polarizzati e radicalizzati».