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 2019  maggio 24 Venerdì calendario

Chiude il monastero di Barbana

ISOLA DI BARBANA (GRADO) — Frate Fulgenzio accende il motore della “Santa Maria”. Sposta la coppia di gabbiani che per la notte si è riparata sulla sua barca di legno bianco. Sgancia le cime dagli ormeggi. Il silenzio della laguna è rotto solo dal canto delle tortore. Il vecchio francescano lascia il minuscolo approdo dell’isola di Barbana per andare a fare la spesa a Grado. Succede ogni mattina da 35 anni. Questa volta però è uno dei suoi ultimi viaggi tra le valli da pesca e lungo i canneti. Anche oggi, a 86 anni, deve visitare le persone che lo aspettano e provvedere alle necessità dei confratelli. La Beata Vergine, a lungo supplicata da marinai e pescatori, non ha fatto il miracolo. Dopo 1437 anni di custodia i frati abbandonano uno dei santuari cristiani più antichi e più amati d’Europa, fondato nel 582 tra le acque del mare Adriatico, che già allora spingeva l’Occidente nell’Oriente.
L’addio al convento di Barbana, visitato ogni anno da migliaia di pellegrini di tutto il continente, misura il distacco consumato tra la nostra civiltà e le sue origini. Nessuno ha potuto impedire l’addio dei cinque frati rimasti sull’isola, a cinque chilometri dalla terraferma. Nessuno riesce ad arrestare il declino di luoghi, valori e liturgie che, al di là di fedi e culture, per oltre duemila anni hanno alimentato una visione collettiva del mondo. Anche padre Zeno, 83 anni, oggi è solo nella cappella delle confessioni costruita sopra il millenario eremo di Barbano e Tarilesso. Celebra la messa a occhi chiusi, davanti a banchi deserti in una chiesa vuota. Risponde a se stesso, recitando anche le preghiere che l’omelia assegna a fedeli che non ci sono più. Dalle pareti pendono centinaia di ex voto sbiaditi: marinai salvati dal naufragio, pescatori risparmiati dalle tempeste, contadini sfuggiti al peso di carri e cavalli. «La mia missione – dice – è conclusa. In Europa non ci sono più vocazioni. Frati, suore e sacerdoti sono vecchi, come i credenti. Monasteri, conventi e seminari sono vuoti. Chiese e parrocchie chiudono. Dietro la crisi delle grandi idee che hanno dato un senso anche all’esercizio del potere, c’è la metamorfosi dell’amore».
La sensazione di un tempo scaduto dentro un’era che si chiude, a Barbana è violenta. La chiesa originaria, eretta per ringraziare la Madonna di aver salvato Grado da peste e mareggiate, è stata custodita dai primi monaci per quattro secoli. I benedettini sono rimasti nel monastero per cinquecento anni. I francescani abitano il santuario dal 1450. Refettorio, biblioteca ospizio per i pellegrini possono ospitare centinaia di persone. Nel cimitero, tra pini marittimi e olmi, sono sepolti frati e sacrestani che nei decenni qui si sono dati il cambio. «Per la prima volta – dice padre Marciano, vecchio superiore – la catena si spezza. Abbiamo provato a resistere, è stato inutile».
L’annuncio del congedo è stato dato alla processione votiva dei pescatori, giunti in corteo dall’isola della Schiusa, a bordo di barche imbandierate a festa. «Fra qualche giorno – ha detto il padre guardiano Stefano Gallinaro – consegnerò le chiavi a l vescovo di Gorizia. Il Signore provvederà: vi invito a pregare in questo momento di difficoltà che accomuna la Chiesa alla civiltà di un’Europa che rinuncia ad accogliere e chiude le porte». Ad ascoltarlo, su tre pescherecci, gente di mare da tutto l’Adriatico. Gli ultimi frati sperano di resistere a Barbana fino al termine dell’estate. Stefano, Marciano, Fulgenzio, Zeno e Celestino non conoscono il loro destino, ma già hanno raccolto le poche cose per partire. «Abbiamo fatto voto di obbedienza – dicono – lasciare la nostra casa e la comunità che amiamo, dopo tanto tempo, fa soffrire».
Anche il futuro del santuario è un mistero. La curia goriziana, proprietaria dell’isola, assicura solo che «Barbana non chiuderà». Per la prima volta nella sua storia però non resterà più aperta ogni giorno e ogni notte dell’anno. La chiesa aprirà solo la domenica. «Tra ottobre e marzo – dice Franco Biasiol, barcaiolo dell’isola da quasi settant’anni – il complesso invece sarà chiuso. Dovrebbero arrivare una guardia e dei cani per evitare furti, saccheggi e degrado». Lo scorso anno il santuario ha ricevuto la visita del cardinale Pietro Parolin. Il segretario di Stato vaticano ha portato un rosario mandato da papa Francesco. Il cimelio ora è intrecciato tra le mani della statua lignea della Madonna, che nei secoli ha lasciato Barbana solo otto volte per brevi omaggi in altri monasteri dell’ex Serenissima repubblica di Venezia. Per salvare il convento ed evitare il commiato dei suoi frati, la gente di Grado e i fedeli di tutta Europa hanno così deciso di rivolgere un appello al pontefice. A mobilitarsi, l’associazione «Graisani de palù», quella dei marinai d’Italia e dei Portatori della Madonna. «A Barbana – dice Giorgetto Guzzon, presidente dei Graisani – si sono sempre battezzati i bambini. Qui ci si è sposati, si viene per pensare a cosa serve la vita. È un luogo cruciale anche per chi non è cristiano. Portare via i frati dalla loro casa perché sono vecchi, è come ammazzarli. Solo il Papa li può aiutare».
Servirebbero i giovani, la loro fiducia e il loro coraggio. L’Europa però non fa più figli e nessuno si chiuderebbe oggi su un’isola a pregare un dio. «Il problema – dice Giordano Saison, pescatore da settant’anni – è che tutto ciò che ci ha fatto vivere, è vecchio e scompare. I giovani e i frati, la libertà e la democrazia, il benessere e la generosità finiscono come i cefali, le sardine e i calamari della laguna. Cinquant’anni fa pescavamo 150 quintali di pesci al giorno, adesso cinque cassette. Eravamo trecento, siamo rimasti trentacinque. Nella povertà ormai i soldi sono marginali».
È il tramonto e Frate Marciano, per l’ultima volta, prepara l’orto delle piante officinali di Barbana, che non raccoglierà. «Qualcosa di buono per gli altri – dice – dobbiamo lasciarlo. Se ognuno si porta via tutto e chiude la porta, quando se ne va, non muore la fede: si interrompe la vita». È la lezione dell’addio dei frati di Barbana all’Europa: dopo 1437 anni hanno deciso che, salendo per l’ultima volta in barca, lasceranno il santuario aperto, le chiavi bene in vista all’ingresso del loro convento vuoto.