Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 23 Giovedì calendario

Dovremo rinunciare anche al cashmere?

«Il lusso moderno significa essere responsabili verso la società e verso l’ambiente»: così Marco Gobbetti, ad di Burberry, commentò nel settembre scorso la decisione del marchio britannico di diventare fur free. Quando Gucci, un anno prima, aveva comunicato la stessa scelta, il ceo Marco Bizzarri aveva detto: «Non ce n’è semplicemente bisogno, ci sono alternative magnifiche». La svolta fur free di Prada è l’ultima tessera di un domino iniziato 25 anni fa: fu Calvin Klein, nel 1994, il primo marchio di moda a rinunciare alle pellicce, dando il via a una tendenza che è cresciuta insieme alla sensibilità sul tema della sostenibilità anche nell’industria del lusso e della moda. Tendenza che ha mosso i primi passi negli Stati Uniti (nel 2006 fu la volta di Ralph Lauren, nel 2007 di Tommy Hilfiger), per poi espandersi: dopo Vivienne Westwood, sempre nel 2007, è dal 2014 che il domino del fur free ha preso velocità, con Inditex (il gigante spagnolo del fast fashion che controlla Zara), seguito l’anno dopo da Hugo Boss. Nel 2016 è stata la volta di Giorgio Armani, Vf Corporation (che controlla fra gli altri anche i marchi Timberland e Napapijri), catene come Ovs e La Redoute ed e-tailer come Ynap.
Nell’ottobre 2017 la svolta di Gucci, seguito a dicembre, poco prima di Natale, da Michael Kors (che la estese a Jimmy Choo, marchio che aveva appena rilevato). Lo scorso anno la lista si è arricchita di altri nomi risonanti: Versace, Furla e Donna Karan, poi Maison Margiela, Burberry, Coach, Diane Von Furstenberg.
Ci sono inoltre marchi come Stella McCartney che sono nati fur free (nel suo caso, nel 2001), e altri, come Chanel, che hanno di recente rinunciato ai pellami esotici, ma non ancora alle pellicce. Intanto, una nuova frontiera si sta aprendo, quella del cashmere: H&M non userà più quello “convenzionale” dal 2030. Sarà l’inizio di un nuovo domino?