Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 23 Giovedì calendario

Vincenzo Boccia: «Un piano triennale per debito e crescita»

Vincenzo Boccia, presidente di Confindustri, è nato a Salerno (Campania).
L’Italia tra vent’anni: la visione «di un paese migliore, da costruire con il coraggio delle scelte di oggi». Con la consapevolezza che «possiamo farcela», anche grazie alla nostra industria. Quello che Vincenzo Boccia immagina è un paese con la piena occupazione, faro dell’innovazione, snodo d’Europa per i grandi flussi commerciali, modello di sostenibilità, ai primi posti tra le nazioni industriali, dentro una Ue gigante politico e non solo economico, più unita, sentendoci cittadini europei di nazionalità italiana.
E si rivolge alla politica: «Deve raccogliere la sfida per il futuro oggi, subito». Basta con la «bulimia di consenso immediato che si misura con i like, il presentismo è una malattia grave perché impedisce di vedere oltre la fine del giorno. Noi invece abbiamo bisogno di progettare, costruire». È lungo l’applauso che il presidente di Confindustria riceve dall’assemblea dopo queste parole, uno dei dieci della sua relazione, conclusa con una standing ovation.
Serve il coraggio di decidere, come conclude il video proiettato in apertura, che descrive l’Italia in cui vivrà, tra vent’anni, un bambino nato il 22 maggio. Sogni e speranza non devono essere confinati nella sola stagione dell’infanzia, è la frase pronunciata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno e proiettata nel video. La riprende Boccia, rivolgendosi al Capo dello Stato, seduto in prima fila e accolto da una lunghissima ovazione.
La proposta di Confindustria al governo e alle opposizioni è «collaborare tutti insieme» per una politica economica basata su «realismo e pragmatismo», con un «programma serrato per evitare un autunno freddissimo». Con il decreto crescita e lo sblocca cantieri «siamo sulla strada giusta, è presto per valutare se siano incisivi, ma sono segnali che sembrano superare una visione pregiudiziale verso l’attività di impresa». Occorre individuare un «mix di interventi» che «riduca deficit e debito, rassicurando i mercati finanziari senza compromettere la crescita». Se il rendimento dei titoli di Stato italiani, ha detto Boccia, si abbassasse al livello di quelli spagnoli, circa 150 punti base in meno, già il prossimo anno si potrebbero risparmiare 5 miliardi in spesa per interessi. Se la crescita raggiungesse il livello francese, il debito pubblico, ha continuato, scenderebbe automaticamente. «Tassi spagnoli e crescita francese sono obiettivi alla portata per la prossima manovra di bilancio». Se l’Italia volesse rispettare alla lettera le regole europee dovrebbe fare una manovra per il 2020 da 32 miliardi e «non ci sono scelte semplici e indolori». Non è chiaro, ha aggiunto Boccia, come evitare l’aumento dell’Iva e introdurre la flat tax. Serve un «piano triennale, credibile e ambizioso» da discutere con la Ue, affrontando in modo non ideologico il nodo risorse.
Le soluzioni ci sono, ha detto Boccia elencando una serie di misure. Bisogna farne una sintesi e costruire un «programma di medio termine, con cui gestire un aggiustamento parziale dei conti e venir premiati dai mercati. Abbasseremo lo spread e rilanceremo la crescita». La crescita di quest’anno è incerta, «ma il paese non riparte con lo slancio dovuto, per rimetterci a correre sarà utile liberarsi dal peso di parole che inducono alla sfiducia e sono contro l’interesse nazionale», ha continuato Boccia, che ha tenuto la sua ultima relazione da presidente.
Il messaggio alla politica è che «occorre smettere di dividersi su promesse che non si possono mantenere» e concentrarsi sulle cose da fare. Serve un grande piano inclusione giovani, rilanciare gli investimenti pubblici e privati, far ripartire le infrastrutture, grandi opere, a partire dalla Tav (passaggio su cui Boccia è stato fortemente applaudito), e piccoli cantieri. Dalla politica dei fattori, sostenuta nel 2016, appena eletto, Boccia si è mosso verso la politica dei fini: più lavoro, più crescita e meno debito. Con Cgil, Cisl e Uil Confindustria ha individuato un nuovo modello di relazioni industriali, con l’idea di ridurre il carico fiscale a vantaggio dei lavoratori, ha infine firmato un appello per l’Europa.
Boccia si è rivolto al presidente del Consiglio per chiedere «più Europa, ma migliore», sollecitando un commissario italiano in qualche carica in area economica, con l’Italia protagonista in una Ue più forte, che possa dialogare con Usa e Cina alla pari. Di un’Europa più coesa c’è bisogno anche per fronteggiare il problema dell’immigrazione, che non si risolve per Boccia con la chiusura delle frontiere, ed anche in politica estera, vedi la questione Libia.
«È molto positivo che si sia passati da una stagione del conflitto al fatto che ci si confronti», ha detto poi Boccia a margine, dopo aver ascoltato Conte e Di Maio. «C’è un metodo che evidentemente sta cambiando, dove arriveremo è presto per dirlo». Boccia ha ripetuto che Confindustria è «equidistante da tutti i partiti, ma non dalla politica. Con la Lega condividiamo, anzi loro condividono con noi, il sì alla Tav; con i 5 Stelle alcuni aspetti del Dl crescita. Ma per noi il governo è tutt’uno. Questo gioco che il governo fa anche l’opposizione con noi non fa presa, per noi le scelte del governo sono del governo». A chi gli chiede di un possibile voto anticipato dopo le Europee, Boccia risponde: «Non entriamo nel merito, certo, un’altra campagna elettorale, questo basterebbe al paese per ricominciare a fare una politica del presente». E, auspicando il confronto, ha sottolineato: «Non siamo né maggioranza, né opposizione, né popolari, né socialisti o populisti. Siamo italiani, imprenditori, siamo Confindustria».