ItaliaOggi, 23 maggio 2019
Un collaboratore dello Spiegel tedesco fa precipitare il settimanale coi suoi servizi fake
Non trova pace Der Spiegel, e sprofonda nella crisi, anche per il caso Relotius, il giornalista che si inventava i reportage senza che nessuno se ne volesse accorgere. Una figuraccia incredibile per la rivista più autorevole d’Europa. Una storia che ha tutti gli ingredienti per diventare prima o poi un film. Come un film di successo fu girato sull’intrigo dei falsi diari di Hitler, pubblicati da Stern (che non si è più risollevato), e un film si meritò anche l’affaire Spiegel, quando nel ’62, il fondatore Rudolf Augstein e quasi metà della redazione finì in galera accusati di tradimento dal ministro della difesa, Franz Josef Strauss, per aver rivelato i piani di riarmo della Repubblica federale. Fu uno scandalo, i tedeschi protestarono in strada per difendere lo Spiegel e la libertà di stampa. Un episodio glorioso nella lunga storia del settimanale. Niente a che vedere con quanto succede oggi.La faida interna viene rivelata dal quotidiano Die Welt, che ha intervistato protagonisti e comprimari a Amburgo che, prudentemente, chiedono di restare anonimi. «Chaostage beim Spiegel», è il titolo del lungo articolo, giorni caotici allo Spiegel. Entro una settimana verranno presentati i risultati dell’inchiesta su Claas Relotius, 34 anni. Si è inventato reportage senza neanche essersi recato sul posto, ma scrivendo sempre quel che intuiva sarebbe piaciuto ai direttori. È un free lance, un collaboratore, e doveva vendere bene la sua merce. Il giovane collega scrive benissimo, e probabilmente, prima o poi, firmerà un romanzo di successo. Ha ammesso la sua colpa, ha troncato ogni collaborazione (anche con Die Welt), ma tanto nessuno gli avrebbe più affidato un reportage, ma allo Spiegel non si sono ancora fatti i conti con gli altri responsabili.
Dal 1° gennaio la rivista è diretta da Steffen Klussmann che dovrebbe guidare l’immensa e combattiva redazione di oltre 600 giornalisti per uscire dalla crisi. Si è giunti, almeno formalmente, a unire la squadra dell’edizione cartacea con quella online, ma tutti sono pronti a presentare il conto ai capi. Klussmann è accusato di aver condotto lo Spiegel al peggior risultato di tutti i tempi: il numero 14, con in copertina l’obbligo di vaccinarsi per tutti, ha venduto in edicola appena 145.633 copie, poco meno di altri due numeri di quest’anno. Con gli abbonamenti, e le 92 mila copie online, si arriva a un totale di 682 mila copie, un altro record negativo. Siamo ben lontani dal milione e 100 mila copie di pochi anni fa, e dalle 800 mila considerate un minimo vitale da difendere a tutti i costi.
Relotius servirà a regolare i conti? Klussmann, il 30 marzo, ha già assolto, con eccessiva fretta, il suo predecessore Ulrich Fichtner: «non è responsabile dei falsi di Claas». Ma Ulrich, mormorano i colleghi, è stato il suo sostenitore per la nomina a direttore, ed è un alleato importante per ristrutturare la rivista. Anche l’altro responsabile, Matthias Geyer, rimarrebbe al suo posto. Ma erano stati messi in guardia da settimane da un altro collaboratore, Juan Moreno, che aveva portato in redazione le prove dei falsi di Relotius. L’unico a pagare è il capo della redazione addetta al controllo dei testi, che se ne è andato in pensione. Ma per risalire la china lo Spiegel dovrebbe riguadagnare la fiducia dei lettori. Die Welt si diverte a raccogliere le varie voci, e raccontare la guerriglia di redazione, ma i particolari sono poco interessanti per chi non è dentro al mondo giornalistico tedesco. Tra pochi giorni, probabilmente, a Amburgo ci sarà l’ennesima resa dei conti, mentre le copie e la pubblicità continuano a scendere.