ItaliaOggi, 23 maggio 2019
Sempre più in crisi il mondo delle idee chiare e distinte e della rivoluzione scientifica
Scrive Max Weber, nella sua grande «sociologia politica» (Gemeinschaft und Gesellschaft, 1922) che tre sono le forme «pure» di potere politico. Anzitutto il potere carismatico della personalità unica e eccezionale (Führer). Poi il potere tradizionale, basato sul rispetto del passato e incarnato da un monarca, che lascia il potere ai suoi discendenti. La modernità occidentale ha scoperto una terza forma, il potere legale o burocratico: fedeltà agli ordinamenti stabiliti e affidato a coloro che sono chiamati alle cariche. Uno «stato di diritto», un potere «razionale», in quanto basato sull’uso della razionalità. Non a caso il suo trionfo coincide con la modernità, dalla rivoluzione scientifica alle «idee chiare e distinte» di Cartesio e Spinoza, di Hobbes col suo egoismo, forma di razionalità.Una grandiosa costruzione, che entra in crisi con la Prima Guerra Mondiale. Lo Stato era una entità gestita in modo razionale e aritmetico, da uomini colti e di élite, che con la loro ragionevolezza si imponevano alle masse: scienziati ed esperti, forniti di una cultura superiore a quella delle masse. Ancora il neoliberismo e la globalizzazione rientrano tardivamente in questo schema: numeri e razionalità come algoritmi della ricchezza collettiva e dei rapporti tra i popoli.
Oggi questo schema e questo rapporto sono in crisi un po’ dovunque. La società di massa demolisce la superiorità e il rispetto per i competenti: maestri derisi, medici malmenati, esperti considerati come profittatori. Si pensi ai vaccini, la cui utilità nessuno può mettere in dubbio. Eppure vengono contestati e rifiutati. Perché? Ce lo spiega un ampio studio di un noto sociologo inglese, William Davies, appena tradotto nella nostra lingua: «Stati nervosi. Come l’emotività ha conquistato il mondo» (Einaudi, pp. 376, euro 18.50). Siamo tutti matti, dunque. Diciamo meglio col grande Lasch che siamo tutti «narcisisti» (non nel senso del mito greco, ma del termine freudiano esteso alle masse). Per gli uomini comuni, gli esperti sono degli impostori e le presunte verità «oggettive» fake news.
Davies è un liberale conservatore. Le sue maggiori autorità sono il sociologo francese Gustave Le Bon (Psicologia delle folle, 1895) e Sigmund Freud (Psicologia delle masse e analisi dell’io, 1921). La situazione ch’egli descrive è il rifiuto e il dileggio della ragionevolezza da parte delle masse. Evidente soprattutto nella attuale esplosione del populismo. Non sono più la ragionevolezza e il buon senso che scuotono il tecnopolitano, ma l’intensità delle emozioni, che lo portano ad identificarsi con qualcosa di molto più grande di sé, partecipando al quale sente di essere qualcuno.
Il ragionamento diviene coinvolgimento, la democrazia partecipativa (razionale) diviene diretta (emotiva e digitale), ciò che più conta non è pensare, ma farsi coinvolgere: «la personalità cosciente è sparita, la volontà e il discernimento aboliti». I «Nervous States» prendono il posto della ragione, gli strumenti del comunicare non sono più quelli scritti, predominio delle antipatiche élite, ma gli audiovisivi, con la loro «intelligenza emotiva» (affective computing): non importa quello che dicono, ma come mi fanno sentire. Il 61 % degli elettori di Trump disprezzava tutto il mondo del giornalismo e dell’informazione tradizionale, si affidava al contagio emotivo di internet e dei social.
E Trump lo ha capito. Nessuno pensava che vincesse le elezioni, con i voti degli operai, degli artigiani, del ceto medio. Invece c’è riuscito. Egli non richiamava le masse al calcolo e all’interesse, ma esaltava quel «mare d’amore» in cui le masse riescono ad esprimere le loro emozioni, solennemente lanciato al National Mall il 20 gennaio 2017. Artisti ed esperti, preoccupati per l’eclisse della ragione, gli hanno contrapposto, tre mesi dopo, la «Marche for Science», per esaltare il ruolo del sapere scientifico per l’economia, la salute, la sicurezza. Il suo peso sociale fu praticamente nullo: «gli appelli della élite all’oggettività sono sempre più vulnerabili». Tutto un imbroglio, dunque, per le masse. Come i vaccini. Anche Davies è angosciato per questo trionfo dell’emotività nella nostra civiltà occidentale, che, prima e unica, ha sostituito il «principio di partecipazione» con quello di «causalità». Producendo la società più ricca e più libera del pianeta. Oggi vince su tutto il «principio di emotività», al quale è inutile contrapporre massicciamente la ragione e la scienza. Davies: «Dobbiamo prestare molta più attenzione alle origini e alla autorità del punto di vista apolitico. Il caos attuale ci costringe a guardare con occhi nuovi istituzioni e tradizioni che avevamo dato per scontate, elevando i fatti sopra le emozioni. Ma i fatti non sono mai, comparsi dal nulla, ma sono il prodotto di un preciso disegno istituzionale che ora forse deve subire un rinnovamento». Non è molto, ma chi sa dire di più?