la Repubblica, 23 maggio 2019
La realtà percepita
L e pratiche di separazione sono state avviate da tempo, è ormai prossimo il divorzio dalla realtà. Alla vita com’è si sta sostituendo quella come la si percepisce. A operazione completata nessuna valutazione oggettiva sarà più possibile, al suo posto la volubile dittatura del soggettivismo, con la sensazione di massa al posto della rilevazione dell’esperto, o dello strumento. Probabilmente è tutto cominciato con la temperatura. C’è sempre qualcuno che sdogana qualcosa e non sa che sta aprendo il vaso di Pandora. l continua a pagina 22 servizi di Ciriaco, Ginori Lopapa, Mania e Vecchio l alle pagine 2, 3 e 9 segue dalla prima pagina Q ui fu il primo a parlare di caldo (o freddo) percepito in alternativa ai gradi segnati in modo fin lì inequivocabile dal termometro. Se a venti accendere il riscaldamento era inaccettabile, dopo non lo è più stato, perché valeva il reclamo di chi avvertiva un disagio, percependone non più di sedici o invocava l’aria condizionata, percependone ventotto. La discrezionalità del singolo si è allargata come un prevedibile contagio. L’esempio più clamoroso è quello della sicurezza. Tutte le statistiche dimostrano l’avvenuta riduzione del numero dei reati, eppure cresce la sensazione di pericolo e i più si sentono minacciati come non mai. È stata esemplare la reazione al fenomeno dell’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti. Pur fiero del lavoro di prevenzione delle forze dell’ordine, invitava pubblicamente a non sminuire, anzi comprendere quella sensazione non suffragata dai fatti, non potendosi rispondere ai sentimenti con i numeri. In questo c’era senz’altro un ammirevole rispetto del sentire popolare, ma anche una resa intellettuale della realtà alla percezione e l’involontaria apertura a un futuro dietro l’angolo in cui il successore nella carica avrebbe sbandierato percezioni e non fatti e sulla base di quelle agito. E visto che di lui si parla: è anche (dati alla mano, soprattutto) leader di un partito politico, la Lega, che oggi è percepito come il primo in Italia. Per la rappresentanza parlamentare espressa dal voto del 4 marzo 2018 non è così. Laddove ci sono state consultazioni amministrative è cresciuto e molto, ma test parziali e sondaggi non dovrebbero essere presi come esiti conclusivi, eppure nei tavoli delle spartizioni, negli inchini degli aspiranti, è già così. Si rimpiange il senso della realtà del mondo più irreale che esista: quello della finanza. Si è sempre detto che il valore delle azioni è indipendente dalla solidità delle società, legato piuttosto ad aspettative e altri fattori immateriali. Eppure chi oggi possiede un’azione che vale 17 e la mette all’incasso non si sogna di pretendere 34 perché questo si pensa varrà fra un anno. O prende 17 o aspetta. Esiste una percezione che sopravvaluta e una che svaluta. Della seconda, l’esempio più recente è il quinquennio di Massimiliano Allegri come allenatore della Juventus, concluso con la sensazione che qualcosa sia mancato. Ha vinto cinque campionati su cinque, l’ultimo a novembre, il secondo con una rincorsa in cui non credeva più nessuno, di riffa, di raffa, con Tevez, con Morata, con Higuain, con Cristiano Ronaldo. Ecco appunto, non ha vinto di più con Cristiano Ronaldo, che altrove ha conquistato le ultime tre Champions (ma non i campionati). Un momento, le ha vinte con Kairus nella porta avversaria, con l’arbitraggio anti Bayern e perfino (dimenticato pure questo?) con il «bidone d’immondizia al posto del cuore». Che c’entra? Ronaldo è percepito come il fattore decisivo anche quando non lo è e questo chiude la discussione. Una ricerca Ipsos pubblicata nel settembre del 2018, dopo 4 anni di indagine su un campione di 50mila intervistati in 38 Paesi, assegnava all’Italia il punteggio più alto nel “Misperception Index” che valuta la distanza tra la percezione delle persone e la realtà dei fatti, su vari temi, dalla criminalità all’obesità, dalla disoccupazione al gioco d’azzardo. Ma questi sono dati, numeri: io lo sento che è così.