Corriere della Sera, 22 maggio 2019
La metamorfosi di Renée Zellweger
Bridget Jones disapproverebbe. Se incontrasse la cinica Anne – una che non esita a mostrare i limiti delle persone che incontra, che per perseguire i suoi obiettivi è pronta a comportamenti disdicevoli, una milionaria che non teme di usare il suo potere spingendosi oltre il moralmente accettabile —, la dolce protagonista di tante goffe disavventure sentimentali, sarebbe di certo molto contrariata. Eppure, lei è Renée Zellweger e Renée Zellweger, adesso, è Anne, la misteriosa protagonista di What/If, nuova serie Netflix disponibile da venerdì.
Una bella metamorfosi. È possibile affezionarsi a un personaggio così?
«Certo, voglio molto bene ad Anne, anche se non potrei essere più diversa da lei. È un personaggio estremo e proprio per questo è stato divertente interpretarla. Fa cose che non farei mai, dice cose che non direi mai, anche se spesso sono quelle che vorrei dire e fare, ma non ci riuscirei mai. Lei sì, lei ce la fa».
Essere spregiudicati è per forza una qualità?
«Penso al mio personaggio, e devo dire che la capisco. Forse all’inizio della serie non è semplice farlo, ma più si scopre qualcosa su di lei e più si realizza perché si comporta in questo modo. Ed è possibile ammirarla. Senza contare che è piuttosto affascinante».
Il fascino del male...
«È una sopravvissuta che lavora davvero sodo: stimo questo tratto nelle persone, stimo l’audacia, il fatto che sia una donna che esercita il suo potere, vive serenamente la sua sessualità, smaschera gli abusi e persegue le sue battaglie fino in fondo. Vorrei essere come lei, in questo».
Nella serie appare in grande forma...
«Bisogna ringraziare il direttore della fotografia».
Nel primo episodio si parla molto di destino. Lei ci crede?
«È qualcosa a cui non ho mai pensato in vita mia, non mi ci sono mai soffermata. In realtà non credo molto ci sia un destino e noi dobbiamo solo attraversarlo, penso che le scelte che facciamo ci portano dove siamo. Anche se è vero che una piccola decisione, magari insignificante, può cambiare il corso di una vita».
A lei è successo?
«Beh, se penso a come è iniziata la mia carriera... vivevo in Texas, avevo avuto qualche piccolo ruolo ma niente di che. Passavo parecchio tempo a un caffè con un mio caro amico e lì con lui, un giorno, ho deciso di fare un video; un provino che, una volta spedito, mi ha portata direttamente a Los Angeles e poi sul set di Love and a.45 . Se quel giorno lui con la sua enorme telecamera non mi avesse ripresa, forse la mia vita non sarebbe questa».
Tornasse indietro, farebbe qualcosa in modo diverso?
«Cosa? Cambiare? No, no... è piuttosto incredibile quello che poi è successo, no?».
La serie mostra anche una donna al potere...
«È un tema importante, se ne potrebbe parlare per ore. Per fortuna sta crescendo tutta una nuova generazione di donne che ha avuto esempi differenti rispetto anche solo ai miei. Le donne vogliono essere influenti e sanno di avere diritto alle stesse opportunità. Sembra scontato ma è un cambiamento enorme: più si andrà avanti velocemente in questa direzione e più le cose miglioreranno per tutti, e questo è un dato documentato, non è congettura».
Cosa pensa del «Me Too»?
«Penso che in generale sia un periodo cruciale non solo per le donne o per le attrici, ma per la società, a livello internazionale. C’è una spinta per evolvere nel giusto modo ed è qualcosa da accettare senza discuterci su per andare davvero avanti».
Questo è anche il suo debutto con una serie Netflix.
«Oggi ci sono molte più opportunità ed è un valore. In realtà è come se fosse un film molto lungo, che poi decidono di chiamare serie tv».