la Repubblica, 22 maggio 2019
L’Inps gialloverde
L’Inps sta cambiando pelle. In tre mesi, l’Istituto che gestisce pensioni e assistenza per 40 milioni di italiani – un gigante da 800 miliardi, oltre un terzo del Pil – si è trasformato in agenzia del governo. Fin quasi ad assomigliare a un comitato elettorale. Incaricato non solo di spingere le misure bandiera di Lega e M5S – quota 100 e reddito di cittadinanza – anche a scapito di tutte le altre prestazioni e a colpi di deroghe mai viste, incentivi monetari ai dipendenti a fare presto, sconti sui documenti da presentare. Ma pure di trascinare i provvedimenti più scomodi, come il taglio delle pensioni alte e il conguaglio su quelle da 1.500 euro lorde, ai primi di giugno, scavallate le elezioni europee.
Nessuno perderà un centesimo, sia chiaro. Le pensioni non sono a rischio. Ma agli sportelli Inps è un caos continuo. Gli stessi dipendenti si sentono smarriti, non in grado di rispondere a utenti spazientiti. C’è chi vuole sapere perché gli hanno messo solo 40 euro sulla card di cittadinanza. E chi, dopo 14 mesi, ancora non riesce ad incassare la pensione. Le risposte, come i software, non esistono. Il reddito è operazione coordinata dai computer romani. Le pensioni ordinarie sono state rallentate, per andare spediti su quota 100, erogata in una manciata di ore. Nei primi tre mesi dell’anno, le pratiche “normali” sono calate del 25%. Le domande per le pensioni di anzianità contano una giacenza del 78%. Quelle di opzione donna del 56%. Contro il 100% di risposte per quota 100.
Il nuovo corso, un inedito mix di propaganda e dirigismo, è incarnato da Pasquale Tridico, professore di politica economica a Roma Tre, già consigliere del ministro del Lavoro Di Maio e alla guida di Inps dal 14 marzo, sebbene la sua nomina sia in attesa del via libera definitivo della Corte dei Conti, dopo quello di Parlamento e Consiglio dei ministri. Nei giorni scorsi, davanti alle commissioni di Camera e Senato, Tridico ha garantito autonomia e indipendenza, a quanti – dall’opposizione – paventano il rischio di un Istituto trasformato in contropotere, non in grado di elaborare relazioni tecniche indipendenti sui provvedimenti che di qui in avanti sfornerà il governo. «Ma l’Inps non è Istat o Bankitalia, il suo collegamento con la politica è molto forte», ammette.
Lo si è visto quando il 6 marzo, una settimana prima del decreto di nomina di Tridico, il direttore generale di Inps Gabriella Di Michele fu mandata in audizione parlamentare a sostenere la tesi tutta politica dell’allora consigliere di Di Maio che il reddito di cittadinanza avrebbe aumentato il Pil potenziale, così da creare uno spazio fiscale – cioè più deficit – da 12 miliardi. L’autofinanziamento del reddito, insomma. Tesi contrastata da molti colleghi di Tridico. Dalla Ragioneria, che l’ha confinata nella relazione illustrativa (e non tecnica) del decretone. E dal ministero dell’Economia che nel Def quasi azzera quello spazio fiscale. Come a dire: fuffa.
Eppure Tridico insiste. Fa organizzare, ora da presidente, convegni in Inps che ne parlano. Non solo. Sa che la misura più importante per i Cinque Stelle – che lo volevano ministro del Lavoro – non procede alla velocità sperata. E allora si lancia in campagne e iniziative per spingerlo, quasi porta a porta. Il camper e i gazebo per recuperare i poveri dove si trovano: alla Stazione Termini di Roma e nelle periferie disagiate di Palermo, Bari, Napoli, Milano, Torino, Bologna. Li doterà di Pin sul campo, per fare domanda. Dopo che il decretone, scritto anche da lui e riempito di mille paletti, ha escluso quasi tutti i senza dimora e gli stranieri: i più poveri tra i poveri.
Tridico sa che questo non è il compito dell’Inps. Ma lo rivendica: «La missione è redistribuire». E così si spinge ad azzardi e forzature, sotto gli occhi di una Lega spiazzata, in attesa di mettere i suoi nel nuovo cda tutto da costruire. Promette agli operai campani ex Fiat saliti sul campanile che a loro e «in via straordinaria» il reddito verrà erogato, anche se privi dei requisiti di legge. Si atteggia a ministro-ombra quando rivela che la «bozza di decreto per l’Isee corrente» – che corregge un altro errore del decretone: tenere conto della situazione economica più recente – è sul suo tavolo. Annuncia per primo l’avanzo di un miliardo dal reddito, giocando di sponda con Di Maio che si precipita a confezionare un decreto legge farsa per le famiglie numerose, anche loro penalizzate. Ma l’avanzo è eventuale, si saprà solo a fine anno: la Ragioneria lo boccia.
Le associazioni sono nervose. Terzo settore, Ong, Alleanza contro la povertà, Forum famiglie: ignorate quando le norme si dovevano scrivere, rincorse ora. Tridico incontra Sant’Egidio e Caritas. Di Maio il Forum Famiglie. Promettono, promettono. Come se fossero uno. Tridico annuncia un “reddito base” di 400 euro al mese per due anni a giovani laureati «in architettura o arti performative». Ma nessuno ne sa nulla, forse neanche Di Maio. Insiste su salario minimo e riduzione dell’orario di lavoro. Vanta un rapporto buono con i sindacati: «Li vedo tutti i giorni». Poi però sposta 50 dipendenti dagli uffici territoriali a Roma, ma solo per uno specifico profilo professionale. Procedura «scellerata, inopportuna, restrittiva, fintamente nazionale», dicono Cgil, Cisl e Uil. Vuole creare quattro nuove direzioni in Inps: informatica, vigilanza, povertà, formazione. Moltiplica poltrone, disegna un cerchio magico. «Ma il modello della nuova Inps qual è?», si chiede Guglielmo Loy, presidente del Civ, il Comitato di vigilanza composto da sindacati e imprese. «I dati non sono trasparenti, gli uffici del territorio soffrono. E la confusione di ruoli del presidente designato, tra propaganda e politica, non aiuta».