Avvenire, 22 maggio 2019
In Centrafrica una suora decapitata
«Minuta, gentile, assolutamente pacifica», così viene descritta sull’Osservatore Romano suor Ines Nieves Sancho, la religiosa di 77 anni, trovata morta lunedì mattina nel villaggio di Nola, diocesi di Berberati, nella Repubblica Centrafricana. Il corpo di suor Ines, orrendamente mutilato, giaceva nei locali dove insegnava alle ragazze a cucire e, in questo modo, potevano avviarsi a un possibile riscatto sociale. I funerali della religiosa si sono celebrati ieri mattina. Suor Ines, della piccola comunità delle Figlie di Gesù, da molti anni lavorava nel grande agglomerato della prefettura di Sangha- Mbaéré, nel sudovest della Repubblica Centrafricana, al confine con il Camerun.
Nonostante l’età avanzata aveva voluto rimanere a tutti i costi fra palazzi e baracche, anche da sola, per continuare la sua missione. «C’eravamo viste a Pasqua e lei non era voluta venire via. Diceva: non sono sola! Ci sono le ragazze», racconta sempre all’Osservatore Romanosuor Elvira Tutolo, delle Suore della carità di santa Giovanna Antida Thouret, da 18 anni in missione nel Paese africano.
La religiosa, nella notte fra domenica e lunedì, è stata decapitata da alcuni sconosciuti che sono entrati nella sua stanza, l’hanno prelevata e condotta a forza nel suo laboratorio di cucito dove è stata decapitata. Un luogo evidentemente simbolico. Nessuna rivendicazione dell’attentato, come nessun movente per l’aggressione, anche se fra le ipotesi c’è anche quella del commercio di organi. Spesso questo tipo di azione viene considerata propiziatoria di fortune, in primo luogo di una buona riuscita nella ricerca dei diamanti. Accade anche che siano gli stessi genitori a uccidere qualche figlio o a indugiare in comportamenti contro natura per propiziarsi la fortuna anelata. Una pratica che viene dal vicino Camerun, non a caso meta preferenziale di questo tipo di commercio. Il deputato Jean Marc Ndoukou ha accusato le autorità locali di non voler fare la necessaria chiarezza. In questo contesto, afflitto da pratiche ancestrali violente, la Chiesa è in prima linea soprattutto nella formazione dei giovani. «La Chiesa vuole formare i giovani e i cittadini di domani, in grado di partecipare attivamente alla costruzione e allo sviluppo del Paese», ha affermato il 6 maggio il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, durante la cerimonia della posa della prima pietra del centro di formazione tecnica e professionale Saint-Joseph (Maison de l’Espoir) che sorgerà a Kpalongo, a 15 chilometri da Bangui. Il cardinale Nzapalainga ha ricordato che nella Repubblica Centrafricana «il 23% della popolazione in età lavorativa non ha ricevuto un’istruzione, e questa percentuale sale molto nelle zone rurali». La popolazione non scolarizzata nella Repubblica Centrafricana è di oltre un milione, e di questi oltre 700mila sono giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Un contesto che rende quanto mai urgente l’alfabetizzazione, la formazione professionale e l’integrazione sociale. La mancanza di istruzione tra i giovani, secondo il cardinale Nzapalainga, rimane uno dei maggiori fattori di aumento della disoccupazione, del crimine, delle tensioni sociali e del rischio di arruolamento in gruppi armati.