La Stampa, 22 maggio 2019
Le mini-scosse contro l’obesità
Se la voglia di cibo parte dal cervello, è dal cervello stesso che possiamo «spegnerla» e vincere così la guerra contro l’obesità. È questa l’idea che ha spinto un gruppo di ricercatori dell’Irccs Policlinico San Donato a lavorare, per anni, sul possibile utilizzo della stimolazione magnetica transcranica profonda come trattamento per gli obesi. Un’idea senz’altro ardua, ma che ha prodotto risultati davvero molto promettenti. Infatti, in uno studio pubblicato sulla rivista «Diabetes, Obesity and Metabolism», i ricercatori italiani hanno confermato definitivamente l’efficacia e la sicurezza di questa tecnica non invasiva e non dolorosa nel sopprimere il desiderio di cibo.
Disfunzioni nei circuiti
«Sappiamo che la fame è regolata da fattori legati alle nostre scelte e al nostro metabolismo - spiega Livio Luzi, responsabile dell’area di endocrinologia e malattie metaboliche dell’Irccs Policlinico San Donato e ordinario di endocrinologia presso l’Università degli Studi di Milano - ma sappiamo anche che nei comportamenti alimentari anomali sono implicate alcune disfunzioni nei circuiti cerebrali della ricompensa, modulati dalla dopamina». La stimolazione magnetica transcranica, non a caso, è già usata in ambito neurologico per modulare il sistema dopaminergico in malattie neuropsichiatriche come la depressione maggiore e le dipendenze. «L’ipotesi era che si potesse usare anche per ridurre il desiderio di cibo, supportando così le terapie comportamentali classiche per la perdita di peso, incentrate sull’attività fisica e la dieta», dice Luzi.
Lo studio ha coinvolto 50 pazienti, di cui 33 sono stati seguiti per oltre un anno. Ai volontari è stato chiesto di indossare una sorta di casco che applica dall’esterno una sollecitazione elettromagnetica a differenti regioni del cervello, corticali e subcorticali. I soggetti sono stati sottoposti a 15 sedute, tre volte alla settimana per cinque settimane. Tanto è bastato per riscontrare una perdita di peso e una riduzione dell’indice di massa corporea molto significative, in media dell’8,4% del peso corporeo iniziale. In pratica, quasi nove chili separavano i pazienti che si sono sottoposti a stimolazione magnetica dal gruppo di controllo, con effetti stabili nel corso dell’anno di «follow-up».
Oltre i farmaci
Il lavoro «costituisce il punto di partenza di un approccio innovativo, non farmacologico, non invasivo, a basso costo e ripetibile per trattare le persone obese e, idealmente, in un futuro non lontano, per prevenire lo sviluppo dell’obesità nella fascia di età più a rischio, cioè gli adolescenti - spiega Luzi -. Il nostro gruppo è impegnato a sperimentare anche altri tipi di stimolazione cerebrale ancora più agevoli, per esempio micro-correnti elettriche per modulare i circuiti cerebrali coinvolti nella regolazione della fame sia metabolica sia voluttuaria».