La Stampa, 22 maggio 2019
Mappa dell’Europa inquieta
In Italia le elezioni europee sono potenzialmente in grado di far saltare il governo che si regge sulla sempre più fragile coalizione Lega-M5S, acerrimi nemici in queste settimane di campagna Ue. Non esistono altri Paesi in una situazione simile. Ma altrove, in Europa, i problemi non mancano. Per questo gli elettori che entreranno in cabina elettorale per decidere chi mandare a Bruxelles spediranno anche un chiaro messaggio nelle proprie Capitali. E così il voto in programma da domani a domenica potrebbe riscrivere gli equilibri politici in molti Paesi, fare da test per le imminenti consultazioni nazionali o comunque lanciare un avvertimento ai rispettivi partiti di governo. Insomma, per molti Stati le Europee rischiano di trasformarsi in un vero e proprio laboratorio di crisi.
Varsavia al bivio
Il caso più emblematico è in Polonia. Tutti i principali partiti di opposizione si sono riuniti in una coalizione per sfidare Diritto e Giustizia (PiS), il partito conservatore che governa il Paese. I sondaggi pre-elettorali vedono un testa a testa tra la formazione guidata da Jaroslaw Kaczynski, che va forte nelle aree rurali, e il cartello ribattezzato «Coalizione europea», fenomeno molto più urbano. Per i conservatori una sconfitta alle Europee potrebbe essere l’anticamera di un ko anche alle politiche che si terranno in autunno. E per le presidenziali del 2020 la coalizione anti PiS è pronta a calare la carta Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio europeo.
Brexit, un altro voto
Proprio ieri Tusk ha fatto un inusuale endorsement esplicito per il partito britannico «Change the Uk», formazione centrista e pro-europea. Il voto europeo nel Regno Unito – che restituirà un panorama politico molto frammento - avrà una chiara valenza in chiave Brexit: Nigel Farage è certamente tra gli osservati speciali, ma gli occhi sono puntati sui partiti pro-Remain. E sul prevedibile crollo dei conservatori. Ora che anche Theresa May ha aperto a un secondo referendum sulla Brexit, il voto europeo – dal tasso di partecipazione fino ai risultati dei partiti – potrebbe dire molto sulla strada che i britannici intendono percorrere a tre anni di distanza dalla consultazione in cui hanno chiesto di uscire dall’Ue.
Referendum su Macron
E assomiglia tanto a un referendum anche il voto francese. Un referendum su Emmanuel Macron, ovviamente. Per due ragioni, una esterna e una interna. Arrivato all’Eliseo con l’ambizione di riformare l’Ue, il Presidente ha la chance di consacrarsi come leader europeo. Ma, visti i guai interni e le proteste dei Gilet Gialli, queste elezioni rappresentano pure un test sul suo operato nell’Esagono. Il sorpasso di Marine Le Pen – dato per probabile secondo alcuni sondaggisti – segnerebbe una doppia catastrofe per l’uomo che da Parigi ha promesso di rivoluzionare Bruxelles.
Le sfide di Kurz e Tsipras
Altri due leader si giocano tutto o quasi in poche ore di scrutinio. In Austria, dopo lo scandalo che ha travolto gli alleati della Fpö, Sebastian Kurz ha convocato le elezioni anticipate per settembre. Le Europee serviranno per capire quanto il suo partito ha risentito del caso-Strache, se ci sono le possibilità di rimanere al governo e con quali compagni di viaggio. Si avvia verso il fine corsa anche Alexis Tsipras (in autunno le politiche): il voto Ue dovrebbe segnare il sorpasso di Nuova Democrazia su Syriza, che in cinque anni ha abbandonato le vecchie posizioni radicali e accettato le dolorose riforme imposte dalla Troika. Il tunnel è alle spalle, ma sulla pelle dei greci restano molte ferite.
Dalla Svezia al Belgio
A Stoccolma il governo di minoranza guidato dal socialdemocratico Stefan Löfven è tutt’altro che stabile. E da destra i Democratici svedesi puntano a superare il 20% per dare una spallata. Lo scorso anno, però, si dovettero fermare al 17%. C’è poi il Belgio, che domenica vota anche per le Politiche. La particolare conformazione amministrativa dello Stato che ospita le istituzioni Ue, diviso in tre regioni con caratteristiche politico-culturali nettamente diverse, trasformerà in un rompicapo la formazione del governo. Servirà una coalizione di tre-quattro partiti. «Sono le elezioni più indecise di sempre» dicono i commentatori. I Verdi puntano a un successo storico.