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 2019  maggio 22 Mercoledì calendario

I danni dei falsi amori sui social

Mark Caltagirone ha ucciso una giovane donna. Non lui, perché lui non esiste, ma il catfish (o love scam) ovvero il fenomeno che si nasconde dietro alla creazione di profili falsi sui social per manipolare e ingannare. La storia, raccontata in una lunga inchiesta dal giornalista James Oaten per la tv pubblica australiana Abc, spiega come il caso Prati sia la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più complesso.
Siamo nel 2011. La protagonista è Emma, una hostess appena uscita da una relazione dolorosa. Emma riceve una richiesta di amicizia su Facebook da un compagno delle elementari, l’attore della soap australiana Home and Away, Lincoln Lewis. I due iniziano una relazione virtuale fatta di messaggi continui, foto e telefonate. Lincoln però rimanda sempre il momento di incontrarsi, finché Emma non inizia ad avere dubbi e rintraccia il numero del vero Lincoln.
“Io e te abbiamo avuto una relazione per due mesi?” gli domanda. “No, di cosa parli?”, le risponde lui. Emma gli racconta tutto, lui rimane sconvolto, ma dopo poco, mentre si trova in vacanza a Bali, una sconosciuta lo ferma per strada “Hey Lincoln, mi riconosci?”. Lui non la conosce. La sconosciuta gli spiega che sono amici su Facebook da tempo. Solo che quel Lincoln che ha relazioni e amicizie virtuali non è lui.
Emma nel frattempo scrive al finto Lincoln che ha scoperto l’inganno. Il finto Lincoln ammette la bugia, spiega che lui in realtà si chiama Michael e che quel profilo è uno scherzo, ma che di lei si è innamorato sul serio. Emma gli crede. La storia ricomincia, lui le invia foto in cui appare come un ragazzo bellissimo. “Ci parlavamo tutti i giorni, era una relazione profonda”, dirà Emma alla polizia. Emma però scopre che quelle foto appartengono a un attore inglese, Danny Jason McGreen. Michael le spiega che lui in realtà è il vero Danny Jason McGreen ma usa uno pseudonimo sui social per sfuggire a una sua ex che lo stalkerizza. Emma gli crede. “Baby, questo amore è stato un giro sulle montagne russe, ma sono l’uomo più fortunato del mondo”, le scrive lui. Le montagne russe sono appena iniziate.
Emma comincia a ricevere anche 80 messaggi al giorno da vari profili, alcuni amichevoli, altri ostili. È confusa. Un giorno riceve la mail di un sedicente agente federale che la informa che il suo fidanzato è stato rapito, allegando una foto di lui legato in un luogo imprecisato. Emma riceve messaggi anche da sedicenti familiari di lui disperati e crolla. “Ero nel panico, stavo distruggendo il mio lavoro”, dirà alla polizia in seguito.
Dopo un po’ Michael riappare e le dice che non era stato rapito: era andato a Miami e aveva staccato la spina per un po’. Nonostante questo Emma non ha la forza di interrompere il rapporto. Riprende a lavorare, finché un giorno, atterrata a Los Angeles, apre il messaggio di uno sconosciuto che minaccia di andare dalla sua famiglia con una pistola. Si rivolge alla polizia che mette la sua famiglia sotto scorta, ma a quel punto è in un incubo senza ritorno. Lo sconosciuto invia delle sue foto intime alla famiglia, ma allo stesso tempo le manda a casa cioccolatini e peluche. “Diceva che non riusciva più a vivere la sua vita, era come se la sua mente e il suo corpo fossero dissociati”, racconterà in seguito la psicologa a cui Emma si era rivolta. Alla fine, grazie a Jess, un’altra vittima, l’identità del persecutore verrà scoperta, ma Emma non aspetta la fine del processo. Si suicida nel 2017, incapace di superare il trauma.
Anche Jess è una hostess, solo che lei incontra sul serio il vero attore Lincoln Lewis su un volo e ci scambia qualche parola. Quindi gli chiede l’amicizia su fb, ma il profilo è quello falso, quello del catfishing a Emma. Jess e il finto Lincoln iniziano una relazione, lui aiuta perfino sua figlia a fare i compiti al telefono. “Sembrava un teenager quando sta cambiando la voce ma non dubitavo”, dirà alla polizia. Lui le spiega che non può incontrarla perché lei è molto più grande di lui e i media lo massacrerebbero. Jess fa delle verifiche e intuisce l’inganno, ma continua la relazione, cerca di scoprire chi si nasconda dietro quel profilo. “Non potevo accettare l’idea di non sapere di chi mi fossi innamorata”, confesserà alla polizia.
Un giorno lui le scrive che la mattina era dietro un cespuglio e l’ha vista col suo vestito blu e la bambina con la divisa della scuola. Lei si spaventa e va dalla polizia. Cambia casa e scuola alla figlia. La polizia le chiede di registrare le telefonate e, quando lo sconosciuto si offre di sostenerla economicamente, le suggerisce di farsi fare un bonifico. Lo sconosciuto si reca nella sua banca e le fa accreditare 200 dollari sul suo conto. Individuata la banca, la polizia controlla le telecamere e scopre l’identità del donatore. È una donna. Una ragazza di 29 anni di Melbourne di nome Lydia Abdelmalek. Lei è la mente del più tragico catfish della storia. Una ragazza copta che frequenta la chiesa con assiduità, con un profilo Facebook in cui si mostra amorevole con la mamma e gli amici, carina d’aspetto, insospettabile. La sua casa viene perquisita, lei viene arrestata.
Le prove, definite dal magistrato “impressionanti e inequivocabili”, sono profili falsi, indirizzi ip, regali che avevano codice postale dei suoi genitori, la sua voce nelle registrazioni, i telefoni pieni di password e foto di celebrità. Aveva addirittura violato alcuni profili per cancellare conversazioni e prove. È accusata di stalking ai danni di sei ragazze e a giugno arriverà la sentenza. In tribunale non ha dato spiegazioni e non ha mostrato rimorso. La sua psicologa Vanda Brink ha affermato: “Il suo movente non è chiaro. La forza trainante del catfishing proviene dal desiderio di manipolare, di rendere un burattino un altro essere umano”. Jess e Emma si erano legate molto, Emma poco prima di suicidarsi aveva scritto all’amica: “Non ce la faccio più”. Jess non ha più avuto relazioni, non si fida di nessuno. “Quella donna ha le mani sporche di sangue”, ha dichiarato.