Libero, 22 maggio 2019
Lo chef Jamie Oliver sta per fallire
Antesignano, e quindi colpevole, di tutti i programmi di cucina della tivù e degli chef osannati come celebrità, lo chef britannico Jamie Oliver è a un passo dal fallimento. Lo ha ammesso lui stesso ieri sui social: «Sono devastato che sia finita così», si legge, «capisco quanto possa essere difficile ora per lo staff e i fornitori». L’inglese, classe 1975, originario di Clavering (un piccolo villaggio dell’Essex), già a vent’anni era famoso in tutto il mondo. Diventato patron di una catena di ristoranti che comprende ventitré esercizi della catena Jamie’s Italian, più i due ristoranti londinesi Barbecoa, una steak-house, e Fifteen, si è ritrovato con i venticinque ristoranti nel mirino. Solo Jamie’s Diner, all’aeroporto di Gatwick, e due Jamie’s Italian resteranno aperti. «Vorrei ringraziare tutti i clienti che ci hanno apprezzato e supportato nell’ultimo decennio», ha aggiunto, «è stato un vero piacere lavorare per voi. Abbiamo lanciato Jamie’s Italian nel 2008 con l’intenzione di cambiare la ristorazione in Inghilterra, con ingredienti di qualità superiore, grazie a un team straordinario che ha condiviso la mia passione per l’ottimo cibo». Il piccolo impero è, da ieri, in amministrazione controllata sotto la gestione della società di consulenza KPMG: a rischio ci sono oltre milletrecento posti di lavoro. I segnali di crisi c’erano da tempo: nel 2015 Oliver si era trovato costretto a chiudere la catena di negozi di cucina e gastronomia Recipease, nel 2017 era toccato anche alla catena di ristoranti britannici Union Jacks e alla sua rivista di cucina, il mensile Jamie Magazine. Nel 2018, infine, si erano susseguite altre dodici chiusure ed erano state licenziate circa seicento persone, mentre le vendite di Jamie’s Italian erano calate dell’11 per cento rispetto all’anno precedente. Oliver aveva quindi deciso di versare denaro di tasca sua e, lo scorso agosto, l’azienda era stata salvata dalla bancarotta grazie a un investimento all’ultimo minuto di tredici milioni di sterline, poco meno di quindici milioni di euro. Il 2018 chiuse con una perdita da 101 milioni di sterline. Il crac di Oliver arriva sullo sfondo della crisi strutturale che sta investendo diversi marchi del settore della ristorazione britannica, oltre che del retail, ovvero la vendita al dettaglio, in generale: fra gli altri Carlucci’s (anche quest’ultimo specializzato in gastronomia italiana), Byron Burger e Gourmet Burger Kitchen. Ma non solo: tra i motivi, accusa Oliver, c’è la concorrenza con altre catene che utilizzano format simili e l’aumento dei prezzi dei prodotti importati dall’Italia, al centro dell’offerta di Jamie’s Italian, a causa della Brexit. Lo chef, Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico, fino al 2014 contava oltre tremila dipendenti e un fatturato di circa 260 milioni euro.