La Stampa, 22 maggio 2019
Cent’anni dalla nascita di Coppi
Oggi al Giro, con l’arrivo a Novi Ligure, cominciano le celebrazioni per il Centenario della nascita di Fausto Coppi. Che per Faustino Coppi, il figlio del Campionissimo e di Giulia Occhini, la Dama Bianca, è come se fosse ancora vivo. Suo padre morì all’ospedale di Tortona il 2 gennaio 1960 per una forma di malaria. Faustino aveva solo 4 anni e mezzo ma ha tanti ricordi di papà, a un secolo dalla nascita e quasi 60 anni dalla scomparsa.
Faustino Coppi, come ricorda suo padre?
«Era un papà molto amorevole, buono, affettuoso. Conservo tante immagini della nostra intimità in casa, insieme con la mamma verso la quale papà aveva mille premure. Ricordo che a cena le porgeva sempre la sedia per farla accomodare a tavola».
È stata sua madre a raccontarle chi era suo padre?
«Mi parlava spesso di quel periodo così bello anche se pieno di sofferenza. Allora non si poteva vivere un amore come quello che legò i miei genitori e mia madre finì anche in carcere per adulterio. Eppure mi diceva che i pochi anni passati al fianco di papà, dal 1954 al 1959, erano valsi una vita intera. E che a volte è giusto non rispettare le regole».
Lei sentiva intorno a sè il disagio dei suoi genitori?
«No, ero piccolo, per me la nostra era una famiglia bellissima e del tutto normale, in cui papà e mamma erano innamoratissimi».
Come lo vedeva, suo padre, in quegli anni?
«Non sapevo molto di papà corridore, ricordo che a un bimbo che era venuto a casa per giocare e mi chiedeva cosa faceva mio padre risposi “il campione del mondo”. Per me era quello il suo lavoro».
E oggi suo padre per lei è....?
«Tante cose e sempre nuove e diverse, come se mio padre ci fosse ancora. Spesso incontro persone che lo avevano conosciuto o che hanno parenti che l’avevano visto, e tutti mi trasmettono aneddoti, avventure, immagini che non conoscevo. Ogni giorno scopro un po’ di più mio padre. Alcuni mi chiamano anche dall’estero. Una volta andai a una trasmissione in prima serata della tv francese, che fece 11 milioni di audience. Incredibile».
E che cosa le dice di suo padre chi lo conobbe?
«Che era gentile, di grande umanità, molto umile anche quando vinceva, infatti sul traguardo non alzava mai le braccia al cielo. Mi stupisce che sia conosciuto anche da tanti giovani, a 60 anni dalla sua scomparsa. Sembra davvero che sia ancora vivo».
L’ultima immagine che ha di papà?
«Eravamo nella nostra casa tra Novi Ligure e Serravalle, dove vivo tuttora, e lo stavano portando all’ospedale di Tortona, il giorno prima che morisse. Mi disse accarezzandomi: “Fai il bravo e non fare arrabbiare la mamma”. Non l’avrei mai più visto».
Quale eredità le ha lasciato?
«Allora si era più semplici e genuini, più veri e abituati a soffrire ma anche a dare tutto, in bici come nella vita».
E ora come vive questo Centenario?
«È meraviglioso che nascano sempre nuovi libri su di lui, spettacoli teatrali, premiazioni, mostre. Persino Castellania, il suo paese natale, si chiamerà Coppi. Ho solo paura che dopo il Centenario ci si dimentichi un po’ di lui. Ma poi vedo che ancora oggi c’è chi piange e si commuove nel suo ricordo. E allora penso che papà, anche se mi lasciò che ero bambino, sarà sempre con me». —