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 2019  maggio 21 Martedì calendario

La fine del Trono di Spade

"No, il dibattito no?”. Roba da ventesimo secolo. Quello in corso dibatte eccome – e non ha intenzione di fermarsi lì. L’ultima puntata dell’ultima stagione di Game of Thrones – Il trono di spade prima ha acceso un’ansia spoiler ai livelli di guardia: dal Perù alla Spagna, dagli Stati Uniti a casa nostra, la giornata di ieri in Rete è stata una caccia grossa a chi anticipava dettagli, con gogna istantanea. Poi, ha smosso l’onda planetaria dei commenti: più o meno espliciti quanto alle vicende; in ogni caso, radicali. Anche i lettori di Repubblica, su Facebook, si sono divisi fra i delusi (troppo semplice, troppo drastico, pessimo: “Sono riusciti a fare peggio del finale di Lost “) e i soddisfatti, comunque spezzati dal grandissimo vuoto lasciato dal Grande Inverno. E deve essere successo a ogni latitudine, se su El País – ragionando sulla difficoltà collettiva e un po’ infantile di staccarsi dalla storia – una notista ha trovato per gli spettatori del Trono di spade la geniale definizione di “figuranti fanatici”. Troppo severa? Il decennio del trionfo della serie di Benioff&Weiss coincide con quello del trionfo dei social: sarebbe molto ingenuo, anzi stucchevole, stupirsi per la superfetazione delle critiche. Che sono naturalmente, nel tempo, piovute su tutto: sulla fotografia, sulla recitazione, sulle scene di sesso. L’episodio in cui il personaggio di Arya Stark appare nuda è stato criticatissimo: “L’abbiamo vista crescere!”. Un imbarazzo da parenti stretti. Mentre a Daenerys/Emilia Clarke toccò finire su Pornhub. E in ogni caso, il nome della terribile Regina – Daenerys – per dire, pare sia stato già attribuito a 3500 neonate negli Stati Uniti. D’altra parte, questa imprevedibile narrazione da record – gli eroi sono aboliti e vincono i mostri, l’inverno è un’invenzione spettacolare, il gioco ambiguo e sadico del potere è magnetico, ai draghi ci si affeziona – si è prestata a qualunque tipo di riuso, di fenomenologia, di interpretazione. Storiografica: un Medioevo troppo crudo e troppo carico di stereotipi? Troppo “contemporaneo”? Politica: il Trono e il nazismo, il Trono e lo stalinismo. C’è chi ha scomodato Gramsci e chi la realpolitik. Il leader di Podemos ha usato la serie per impostare le sue lezioni sul futuro della sinistra. E le obiezioni agli sviluppi narrativi diventano seriosamente “etiche": per esempio, sulla deriva “autoritaria e genocida” di Daenerys, figura mutevole intorno a cui il finale – se non avete già saputo – riserva sorprese. Ma perfino più sorprendente è che qualcuno stia sottoscrivendo una petizione su change.org per modificare l’ottava stagione. Scherzosa? Rivela comunque una curiosa sindrome del controllo: puntare i piedi per essere qualcosa di più che fruitori. Per placare questa smania, i creatori di Black Mirror hanno costruito un episodio interattivo, Bandersnatch, con un’ampia gamma di opzioni lasciate alla tastiera degli spettatori. Delusi, alla fine, anche di più. Gli showrunner del Trono Benioff&Weiss, in un’intervista pubblicata su Robinson in edicola, hanno tagliato corto: vogliamo appassionare il pubblico, non accontentarlo. E hanno ricordato quando – all’ultima puntata dei Soprano – sembrava che tutta New York discutesse se Tony fosse morto o no. Sono passati dodici anni, era un’altra epoca. Discutere non è abbastanza. Entrati con tutte le scarpe nel Game – come Baricco ha definito il mondo digitale – ora vogliamo pilotare il Trono di spade.