Il Messaggero, 21 maggio 2019
Elvira, il teatro nel teatro secondo Toni Servillo
Marco Antonio Servillo, detto Toni, attore e regista, è nato ad Afragola (Napoli).
L’anatomia del lavoro dell’attore, lo scandaglio delle passioni umane, un prolungato atto di resistenza in tempo di guerra: Elvira (Elvire, Jouvet 40), lo spettacolo di Toni Servillo, finalmente a Roma dopo una lunga tournée che ha toccato Parigi e San Pietroburgo, è determinante per la comprensione della fenomenologia della creazione teatrale, colta nel suo punto di germinazione più potente, rivoltosa.IL TESTOIspirata alle lezioni che Louis Jouvet tenne nel 1940 al Conservatoire National d’Art Dramatique di Parigi durante l’occupazione nazista, testo di Brigitte Jaques (scritto nel 1986), regia di Servillo, impegnato nel ruolo del maestro francese, con Petra Valentini, Francesco Marino e Davide Cirri, quest’opera scarna, ossessiva, caparbia, affascinante e severa, ci mostra come la vocazione alla bellezza non sia facile a piegarsi neanche nelle condizioni più estreme. Prodotto dal Piccolo di Milano con Teatri Uniti, Elvira fa riferimento alla preparazione del IV atto, scena sesta, del Don Giovanni di Molière, quando la moglie del seduttore lo implora di pentirsi, perché solo così avrà salva l’anima. Jouvet chiede alla sua allieva Paula Dehelly (alla quale durante la guerra fu proibito di recitare perché ebrea), che nel testo viene soprannominata Claudia, di entrare in comunione assoluta con il personaggio Elvira. «Perché il personaggio arrivi, con il suo carattere stupefacente, improvviso e meraviglioso, bisogna che l’attore faccia uno sforzo concreto enorme. La tensione dev’essere continua», spiega Toni Servillo alla giovane Petra Valentini.
E come si crea questa tensione? A quale rivelazione dovrà prepararsi lo spettatore? «Louis Jouvet è fra coloro che si mettono, nei confronti del teatro, come davanti a un mistero, tutte le sere (un atteggiamento che, per motivi diversissimi, ho sentito in Eduardo), pur mantenendo però al centro la sacralità del testo», riflette Servillo. «Ora sento in giro purtroppo un depauperamento di tutto questo, dentro il teatro, dalle scene ai modi di preparazione degli attori, e quindi dei testi da scegliere. L’atteggiamento di Jouvet era l’opposto: partire dalla concretezza materiale dei problemi testuali, per tendere a una incandescenza della resa interpretativa, che confina con una sorta di immaterialità. È alla fine anche una questione spirituale».
In occasione delle repliche romane di Elvira, da oggi pomeriggio (ore 18.30) è possibile visitare nella Sala Squarzina del Teatro Argentina la mostra E poi Roma, spin-off di Trent’anni Uniti, che ripercorre 30 anni di vita di una realtà unica in Italia, nata nel 1987 dalla fusione di tre compagnie d’avanguardia, Falso Movimento (Mario Martone), Teatro dei Mutamenti (Antonio Neiwiller) e Teatro Studio di Caserta (Toni Servillo), ora diretta dallo stesso Servillo e presieduta da Angelo Curti.
IL VIAGGIOPer conoscere invece la gestazione dello spettacolo, consigliamo di vedere il 30 maggio (ore 20.30), il film documentario di Massimiliano Pacifico, Il teatro al lavoro, che ci consegna la precisa temperatura emotiva di questo singolare viaggio artistico: le prove, la ricerca, il metodo.
Teatro Argentina, largo Argentina 52. Oggi, ore 21. Fino al 2 giugno