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 2019  maggio 21 Martedì calendario

Quasi immortali e super-intelligenti

Quando, agli inizi degli Anni 2000, abbiamo capito che il codice genetico poteva essere letto come un libro, abbiamo cominciato a fantasticare di svelarne i segreti: quali sono i geni che predispongono alle malattie, quelli che ci fanno fare i 100 metri in meno di 10 secondi o «vedere» le equazioni nelle manifestazioni della natura, come vantano alcuni grandi fisici?


C’è però un problema nel «pubblicare» il significato del Genoma: immaginate di voler fare il vigile urbano, ma un test genetico vi rivela che le emissioni del traffico sono più nocive per voi che per l’altro candidato, oppure di voler entrare nelle forze armate, ma il vostro Dna non è un campione di salute cardiocircolatoria. Non avreste nemmeno il tempo di allenarvi o dare una possibilità al caso: sareste scartati, discriminati da un referto. La premonizione di «Gattaca», il film del 1997 di Andrew Niccol che aveva previsto tutto questo, si sta realizzando: presto potremmo vivere in un mondo in cui ogni ruolo, professione e destino è assegnato alla nascita.
«Anzi, siamo già oltre “Gattaca” - provoca Massimo Delledonne, professore di genetica all’Università di Verona e fondatore del Centro di genomica funzionale dell’ateneo, ospite del Festival della Scienza medica di Bologna -. Siamo al punto che tra non molto con una stretta di mano saremo in grado di “assorbire” tutte le informazioni della persona alla quale ci stiamo presentando». Il tempo corre veloce. Nel 2000, al termine del Progetto Genoma, erano stati spesi oltre 3 miliardi di dollari, in 10 anni, e quello che avevamo era appena una bozza del Dna. Ma, del resto, nemmeno i telefonini mandavano le e-mail. «La tecnologia è rapidissima. In pochi anni avremo sequenziatori da montare sullo smartphone e i primi dispositivi portatili potrebbero essere commercializzati già tra 2022 e 2023».
Così da «Tinder», l’app di incontri che permette di chattare, verificare compatibilità e incontrarsi, passeremo direttamente alla app per il sequenziamento genetico, che dal tatto e dal sudore del partner ci dirà istantaneamente predisposizioni fisiologiche, devianze e gusti. E, se vi sembra fantascienza, chiedete a Delledonne: vi mostrerà un prototipo di «SmidgION», il sequenziatore da smartphone della Nanopore Technologies.
Scenari eugenetici
Se è divertente leggere il Genoma, un po’ meno appare la possibilità di manipolarlo, per esempio per scopi eugenetici. E lo stiamo già facendo, come insegna lo scienziato cinese He Jiankui, che ha fatto nascere due gemelle da embrioni modificati e resistenti al virus dell’Aids. Così il labile confine tra ciò che è lecito e ciò che non dovrebbe essere permesso - fa notare Delledonne - sembra già superato. «Un embrione non è una persona e, dunque, tecnicamente, non ha diritti: non esiste privacy, gli unici limiti sono immaginativi e di tipo tecnologico».
Ma perché provare a creare super-umani, non solo immuni all’Hiv, ma anche al cancro o, ancora, capaci di pensare come Einstein? Senza contare che avrebbero accesso a simili interventi sempre i «soliti», come, per esempio, l’élite dei facoltosi turisti spaziali di Elon Musk. Ma a questo punto l’argomentazione dello scienziato si fa curiosa. «Al contrario di quanto si pensa - osserva - il Sistema sanitario potrebbe essere molto interessato. Oggi la medicina è soprattutto curativa, e per questo molto costosa, ma che cosa succederebbe se riducessimo le predisposizioni alle maggiori malattie grazie agli interventi genetici? Il risultato sarebbero meno costi assistenziali, meno ricoveri e anche meno farmaci da mutuare».
Senza contare che - di nuovo - il precedente esiste e, in realtà, non stiamo inventando nulla di nuovo. «Quando due genitori portatori del gene della fibrosi cistica si sottopongono al test per scoprire se il figlio si ammalerà, non stiamo già facendo eugenetica? Oppure - si domanda - quando chiediamo in anticipo di sapere se sarà affetto da sindrome di Down?». Certo, non è la stessa cosa dell’inibire il gene della miostatina, che normalmente blocca la crescita dei muscoli, per farsi un corpo da Arnold Schwarzenegger, ma la strada non è molto diversa. Oggi la tecnica Crispr, sulla quale si basa l’editing genetico, è ancora una modesta «calcolatrice», ma, se l’evoluzione tecnologica procederà con lo stesso passo che ha investito computer e telefonini, le sorprese non mancheranno: sarà, questo, il secolo dell’«Homo sinteticus»?
Adesso, però, sdoganate le prime perplessità, immaginate un futuro prossimo con ragazzi super-intelligenti che affollano le scuole e centenari super-efficienti che lavorano, vanno in palestra e si innamorano. E chi vorrebbe più morire? «Il limite a queste possibilità, che - ripeto - saranno realtà molto presto, come sempre è prerogativa del legislatore. Ma mai - aggiunge Delledonne - e in nessun caso allo scienziato deve essere impedito di scoprire e di inventare». Disse Robert Oppenheimer, di fronte al fungo che si levò con il celebre test della prima bomba atomica a Los Alamos: «La fisica, oggi, ha conosciuto il peccato». E da allora l’etica è una dimensione connaturata al mestiere dello scienziato, eppure il paradosso ancora non si risolve. Al giornalista Sergio Zavoli, che incalzava l’ex nazista Wernher von Braun sulle ricerche dedicate alle V1 e V2, l’ingegnere diventato il cervello della Nasa rispose: «A cosa serve un neonato? Rinuncerebbe a sapere cosa diventerà? Non è possibile censurare l’innovazione». La curiosità supera sempre i propri limiti.