ItaliaOggi, 21 maggio 2019
La battaglia sull’aborto in Usa
La legge che sostanzialmente abolisce l’aborto in Alabama è solo l’ultimo provvedimento restrittivo nei confronti di questa pratica. Se nei mesi precedenti l’Ohio e l’Indiana, e più recentemente la Georgia, avevano approvato leggi simili, quella passata in Alabama è particolarmente rigida perché impedisce l’aborto in ogni caso (incluso lo stupro e l’incesto), fatta eccezione per gravi problemi di salute riscontrati nella madre. In questa fase anche altri stati stanno discutendo provvedimenti di questo genere. Tra questi il Missouri e la Louisiana.Cosa ha spinto questi stati ad approvare tali leggi? La questione naturalmente è complessa, ma non è stata minimamente affrontata dai media italiani. Oltre ad un’indignazione permanente, condivisibile o meno a seconda delle diverse sensibilità, è dunque necessario provare a capire su quale retroterra culturale e politico si fondano posizioni di questo tipo. La ragione principale (a quanto mi è parso di osservare in questi mesi, che in fondo è anche uno dei motivi di contesa tra repubblicani e democratici) è il ruolo determinante della religione nella vita pubblica.
Quello che ispira una parte importante dei conservatori è un cristianesimo radicale che, pur espresso nelle sue diverse confessioni, mira a guidare il processo legislativo, e dunque anche i temi riguardanti i diritti civili come l’aborto, il matrimonio tra coppie dello stesso sesso e la cosiddetta stepchild adoption. La religione, secondo questa prospettiva, assume un ruolo non secondario per i provvedimenti che hanno a che fare con queste tematiche. Non una netta separazione tra la sfera delle proprie convinzioni religiosa e quella pubblica, quindi, ma un’importante influenza.
Un approccio totalmente distante dalla realtà italiana che, nonostante il congresso di Verona e alcuni ultraconservatori, negli ultimi trentacinque anni non ha vissuto situazioni di questo genere (il referendum per abrogare la legge 194 risale infatti al 1981). Da questa concezione marcatamente cristiana della vita pubblica, e dalla conseguente reazione del mondo liberal e dei movimenti Lgbtq, deriva la profonda divisione tra i movimenti pro-life (a favore della vita) e pro-choice (a favore della libertà di scelta), che spesso tendono ad assumere posizioni particolarmente conflittuali, come emerso più volte negli scontri nei campus universitari.
La situazione con l’elezione di Donald Trump, e con la presenza di un vicepresidente ultraconservatore di stretta osservanza evangelica come Mike Pence, si è ulteriormente polarizzata. Portando gli stati blu (democratici) a proteggere le leggi vigenti, e molti stati rossi (repubblicani) a promulgare leggi più restrittive. In questa fase politica particolarmente tesa, gli antiabortisti si trovano in una posizione molto favorevole per via dell’elezione di Brett Kavanaugh come giudice della corte suprema. La sua nomina ha infatti spostato gli equilibri della corte in senso conservatore.
Questo implica che gli eventuali ricorsi contro le leggi antiaborto potrebbero essere respinti. Mettendo in discussione lo storico esito della sentenza Roe v. Wade (1973) che aveva visto per la prima volta nella storia americana affermarsi il diritto all’aborto, in casi non legati allo stupro, all’incesto o alle malformazioni del feto. Il conflitto in corso, ad oggi, è limitato a questo tema, ma in futuro potrebbe allargarsi ai diritti civili. E potrebbe farsi ancor più intenso in vista delle presidenziali del 2020.