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 2019  maggio 21 Martedì calendario

Francesco Guccini parla dei suoi dischi

Con Repubblica arriva per la prima volta in edicola una collezione in vinile dedicata a Francesco Guccini. Guccini ha realizzato dal 1967 fino al 2012, sedici in studio, ai quali la collezione aggiungerà quattro dischi dal vivo.
Guccini, vedere la sua discografia tutta insieme che effetto le fa?
«Cosa vuole che le dica, non è che la cosa mi colpisca più di tanto. Ma no, è un piacere vedere tutto il mio lavoro, ogni album singolarmente mi ricorda qualcosa, un periodo della mia vita, le persone che ho frequentato, i musicisti che hanno lavorato con me. Non ci sono canzoni scritte a caso, sono tutte legate a qualcosa, sottintendono qualcosa, avvenimenti specifici, sia pubblici che personali».
È possibile davvero capire chi è Francesco Guccini ascoltando le sue canzoni?
«In buona parte sì, anche se non completamente. È ovvio che nelle canzoni non ci sia proprio tutto di me e anche quando parlo di cose molto personali le racconto in un modo che forse a un ascoltatore normale possono risultare difficili da comprendere. Qualcuno che mi è più vicino può ricordare meglio certi momenti e certe cose, ma chi ascolta i miei dischi in alcuni casi non ci potrebbe arrivare».
Ci tolga una curiosità: ma lei, i suoi dischi, li ascolta?
«Li ascoltavo appena usciti, per sentire com’erano venuti, per capire se il risultato finale era quello che volevo. Per il resto non li ho mai più sentiti. Certo, ogni tanto, non per mia volontà, mi capita di ascoltarli, ma non mi piace. Spesso trovo certi arrangiamenti non adatti, o certi suoni non giusti, altre volte un po’ meno, ma in generale non li ascolto».
Però ad alcuni album è particolarmente legato…
«Sì, certo. A Radici per esempio, che è stato il disco che in un certo senso mi ha fatto conoscere da un pubblico più grande; anche L’isola non trovata mi ha dato grandi soddisfazioni. E poi Via Paolo Fabbri 43 , Signora Bovary , e gli ultimi. È una collezione che è parte della mia vita, i dischi in qualche modo l’hanno scandita, hanno segnato dei punti seguendo i quali si ritrova tutta la strada fatta».
Ascoltando oggi il suo lungo percorso discografico si vede anche come il suo modo di scrivere canzoni sia cambiato. Quali sono state le influenze maggiori lungo la strada della musica?
«Agli inizi più che altro ascoltavo Jacques Brel e Bob Dylan, poi se devo dire la verità non ho subito grandi influenze. All’inizio ascolti gli altri per passione, perché sei ancora incerto, poi prendi sicurezza, lo stile delle tue canzoni cambia e non ci sono tante cose che ti possano influenzare, prendi coscienza di te stesso, di quello che vuoi dire, e lo perfezioni, impari un po’ anche il mestiere».
Adesso il suo mestiere principale è quello di scrittore.
«Da ragazzino ho sempre pensato di fare lo scrittore, non sapevo nemmeno cosa fossero le canzoni. Poi ne ho fatte tante, penso di aver fatto delle cose che hanno avuto una certa importanza, parola grossa, dal punto di vista letterario. Ma ho scritto otto gialli, ne stiamo presentando un nono sempre con Loriano Macchiavelli, tre romanzi miei e altre cose che sono state raccolte, sono diventato uno scrittore completo…».