ItaliaOggi, 18 maggio 2019
Periscopio
I dubbi oscuri sono il piatto forte di evidenti ritardi. Dino Basili. Uffa news.Manca su ogni sacco di immondizia a Roma il marchio di conformità. Stefano Massini. la Repubblica.
Insomma stava diventando calvo come molti giocatori professionisti di football. Tom Wolfe, Il falò delle vanità. Mondadori, 1988.
C’era un sacco di bei film negli anni settanta: Spielberg, Scorsese, De Palma, David Lynch, Altman, Coppola... è stato un decennio incredibile. Bret Easton Ellis, romanziere americano (Erich Neuhoff). Le Figaro.
Io, quando studio, sono con i miei autori e maestri, parlo con loro. Quando posso ritirarmi una settimana a Venezia nel mio studio fra trentamila libri è qualcosa di molto bello. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia (Candida Morvillo). Corsera.
Erri De Luca ironizzava sulla Tav, «più che un’opera, un’operetta: in 30 anni neanche un centimetro», mandando in bestia alcuni e in visibilio altri. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
Riusciva solo a pensare che se non si alzava subito, avrebbe trovato una folla enorme nella metropolitana. Tom Wolfe, Il falò delle vanità. Mondadori, 1988.
E vagli a spiegare, a Bernard-Henri Lévy, che Battisti non vide gli accusatori e i giudici perché si era dato alla latitanza a Parigi prima dei processi. Voi capite perché siamo curiosi marci di conoscere il suo illuminato parere sulla confessione di Battisti. In particolare su quel passaggio in cui il pluriomicida si fa beffe dei suoi fan italo-transalpini che l’avevano scambiato per un intellettuale: «Gli appoggi di cui ho goduto sono stati il più delle volte di carattere politico, rafforzati dal fatto che io ero ritenuto un intellettuale, scrivevo libri, per cui nessuno sentiva il bisogno di agire contro di me. Questo mio ruolo da intellettuale era una precisa garanzia che, a prescindere dal mio passato, ero una persona non più pericolosa e quindi, anche per questo motivo, nessuno mi ha dato la caccia». In effetti, in certi ambienti, la patente di intellettuale è più accessibile di quella del motorino. Basti pensare che passa per un intellettuale persino Bernard-Henri Lévy. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Fu Raphael Lemkin, un avvocato ebreo polacco che si era interessato ai massacri del popolo armeno, che inventò la parola «genocidio» e la definì giuridicamente. Le parole non sono mai neutre. Fino ad allora, quello che era accaduto si chiamava sterminio in forma organizzata. Ma il termine «genocidio» implicava qualcosa di più forte e definitivo: un richiamo alla morte di un popolo e un appello al diritto internazionale. Antonia Arslan, autrice di La masseria delle allodole (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Accadrà di nuovo che in Italia il ceto medio riesca a diventare borghesia? Possiamo solo sperare nelle nuove generazioni. Nei figli dell’attuale classe media. Penso ai ragazzi che vanno a studiare e a lavorare all’estero, che entrano in contatto con società in cui la borghesia ha un ruolo centrale. I nostri figli diventeranno borghesi grazie alla globalizzazione. Giuseppe De Rita, sociologo (Paolo Griseri). Corsera.
Il governo, di solito, è considerato dall’imprenditore un male necessario. Averlo nemico è un errore imperdonabile. Al governo bisogna render favori per potergliene chiedere. Ma i governi passano mentre l’impresa resta. Quindi: favori al governo, ma controassicurazioni con l’opposizione. Eugenio Scalfari, La sera andavamo in via Veneto. Mondadori, 1986.
Nenni parlava di Pertini con affettuosa condiscendenza, come di un «compagno» coraggioso, onesto, generoso, ma balzano e imprevedibile, che non sapeva nulla di politica, anzi non sapeva nulla di nulla. «Noi», diceva, «qualcosa abbiamo letto, grazie a Mussolini, quando ci sbatté in galera o al confino. Dove non c’era altro da fare. Ma Pertini non leggeva nemmeno lì. Nel poco tempo che gli avanzava dallo scopone o dal tresette, non gli ho mai visto in mano che l’Intrepido». Indro Montanelli. Corsera.
Il progetto dell’Unione europea è il frutto della visione cristiano-comunista che domina quasi tutti gli Stati europei dalla fine della seconda guerra mondiale. Il comunismo è l’ultimo frutto del cristianesimo. Dal «tutti uguali, tutti fratelli» di San Paolo fino all’esaltazione dei poveri, degli handicappati di oggi, l’itinerario del concetto di uguaglianza ha fatto in Europa un lungo cammino portando all’errore più tragico di cui, proprio in Italia, si vedono attualmente le conseguenze. Si è passati (e questo è l’errore) dall’uguaglianza come categoria metafisica all’uguaglianza concreta e, di conseguenza, al livellamento in basso di tutte la differenze. Ida Magli, Contro l’Europa. Bompiani, 2001.
Le ultime parole di mio padre? «Bice, e il mio orologio?». Era un Piaget. Gli promisi che glielo avrei rimesso al polso. Bice Biagi, giornalista, figlia di Enzo (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Il giornalista mobbizzato è un soggetto singolarmente perseguitato dalla sfortuna: non può mettere in mostra le sue capacità perché ha inanellato ben otto direttori tutti prevenuti nei suoi confronti, nessuno gli ha mai dato la possibilità di esprimersi come egli potrebbe, e saprebbe, fare. Per questo, il genio incompreso ha deciso di fare causa per mobbing. Michele Brambilla, Sempre meglio che lavorare. Il mestiere del giornalista. Piemme, 2008.
Mia nonna aveva persino una certa raffinatezza, alle feste portava una crinolina di cartone e non faceva pipì in piedi sotto lo gonna come erano solite fare, per comodità, molte donne di campagna. Verso i quarant’anni, dopo cinque figli, le sono venute le idee nere, smetteva di parlare per giorni. Più tardi, reumatismi alle mani e alle gambe. Per guarire andava in pellegrinaggio all’abbazia di Saint-Riquier, strofinava la statua con un panno che poi si applicava sulle zone doloranti. Poco dopo, ha smesso di camminare. Per condurla a visitare i santi si noleggiava una vettura a cavallo. Annie Ernaux, Il posto. L’orma, 2014.
Dei suoi dipinti riusciva a liberarsi solo regalandoli, dopodiché finivano in qualche soffitta o nella spazzatura. Andrea Vitali, La Figlia del Podestà. Garzanti, 2005.
Nei caveaux delle banche centrali, dove si cumulano colline di banconote usate per essere distrutte, si circola con la maschera antigas, tanto è acuto il fetore: pecunia olet, il denaro puzza. Geminello Alvi, Ai padri perdóno. Mondadori, 2003.
Un giornalista domanda a Coluche che cosa pensa di una celebre catena di ristoranti: «Per magiare non è eccezionale, ma per vomitare è formidabile!». Coluche, Pensées et anecdotes. Le Livre de Poche, 1995.
La vanità e l’invidia hanno la memoria lunga. Roberto Gervaso. Il Messaggero.