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 2019  maggio 19 Domenica calendario

Costantino della Gherardesca in teatro

Forse per il gusto della sfida che è nei suoi geni (è avo del conte Ugolino di dantesca memoria), si è avventurato in una nuova impresa, stavolta teatrale, e a sostegno di una buona causa: il 50esimo del movimento Lgbt. Costantino della Gherardesca, rampollo di intelligente ironia, simpatico a dispetto del sopracciglio alzato e l’aria distaccata, uno dei personaggi nuovi della tv di questi anni, con trasmissioni di successo come Pechino Express(ma sul cui futuro ancora non si sa niente) e il quiz in casa Apri e vinci , ideatore di format per nuovi canali (ha un progetto per Istagram tv, e non solo), ha tradotto, adattato e co-prodotto The Boys in the Band , di Mart Crowley, spettacolo manifesto del movimento gay, da quando esordì nel’68 off Broadway. Il debutto sarà a Milano il 13 giugno allo Spazio Teatro 89, anticipando il compleanno del movimento Lgbt del 28 giugno. La commedia è la storia di un party di nove amici omosessuali («piccolo gruppo sociale formato da soli pederasti» li definiva il critico del Giorno parlando nel’70 del film che ne fece Friedkin Festa per il compleanno del caro amico Harold ): battute, chiacchiere, flirt e un gioco "di società" che porterà a galla qualcosa di più amaro e complicato. «Un come eravamo», lo definisce il regista Gianni Bozzo, che è anche il produttore di Costantino.
Costantino, lei nel 1968 non era ancora nemmeno nato.
«Vero, ma di questo spettacolo se ne parlava a casa. Mia mamma, che adora il teatro, lo aveva visto a New York nel ’68, ed è diventata amica di Crowley. Parliamo di un cult: doveva star sù poche repliche, finì per farne più di mille e in platea c’erano Marlene Dietrich, Jackie Kennedy, Nureyev... Era davvero un testo pieno dello spirito del tempo, quando gli omosessuali cominciavano a non poterne più di nascondersi. L’anno scorso, tra l’altro, la commedia è tornato in scena, stavolta a Broadway, con star come Jim Parsons, Zachary Quinto e Matt Bomer, e il produttore Ryan Murphy farà un altro film su Netflix, perché è una commedia divertente ma anche incredibilmente attuale: ricorda che i diritti acquisiti vanno difesi».
Sente aria di restaurazione ?
«Sicuramente. Valori oscurantisti…. E, specie i ragazzi, non sono consapevoli che i traguardi sono stati il risultato di battaglie. Pensano che sia tutto normale».
Ha militato nel movimento Lgbt?
«Sì, specie quando sono tornato dall’Inghilterra ma credo anche che ogni tanto ci si soffermi su cazzate. Come diceva Scott Thompson, l’attore canadese, dopo che hai visto i tuoi amici morire di Aids, non puoi parlare solo dei bagni per i trasgender….».
In quale personaggio della commedia si ritrova?
«Harold, il più cattivo, con le battute meno politicamente corrette. Ma io amo tutta quella generazione di omosessuali, oggi settantenni. Li ho conosciuti, erano amici di mia madre. Erano complessi, complicati mica quelli di oggi. Ne avevano passate di tutti i colori, costretti a nascondersi, a simulare... Ma sa una cosa? La commedia è bella perché non parla solo ai gay. L’insicurezza, il senso di inadeguatezza oggi sembra più che mai generale, forse per via delle nuove tecnologie, perché si passa le giornate sullo schermo senza confronti e relazioni vive. Il risultato è che, tanti miei colleghi di lavoro a 36 anni stanno ancora con mamma e papà».
Che ne sarà di Pechino express, la possibile sostituzione con Simona Ventura?
«Si sa solo che il programma è rinviato, per il resto anche la casa di produzione brancola nel buio. E anch’io, però commosso dalla reazione del pubblico. Invece la sa la cosa dei miei mariti?»
Che mariti?
«Sto cercando (realmente, non è solo un gioco) marito in rete. Un gruppo di amici ha lanciato l’appello unmaritopercosta@gmail.com che si sta allargando spiritosamente con altri testimonial da Achille Lauro a, forse, l’ex-ministro Fornero. I candidati poi saranno divisi in tre gruppi ciascuno con un giudice mio amico per selezionare i "mariti" per un incontro con me che metteremo su Instagram Tv. Ho fatto un programma dalla mia sfiga sentimentale».