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 2019  maggio 19 Domenica calendario

Intervista a Alain Delon

Un lampo di giovinezza attraversa il viso di Alain Delon, 83 anni: «Essere qui a Cannes è la cosa più bella del mondo. Il Festival ha voluto darmi la Palma d’onore alla carriera. Se c’è una cosa di cui sono fiero e felice nella vita è la mia carriera, iniziata tanti anni fa in Italia. In questo mondo orribile, i ricordi mi tengono compagnia». Per l’incontro in una sala appartata del Palais che affaccia sul mare, il direttore Frémaux gli ha costruito intorno una bolla di serenità dove le polemiche dei giorni scorsi, le contestazioni delle femministe, le accuse di sostenere l’estrema destra, restano fuori. Delon accetta di parlare, passando dal francese all’italiano, di cinema e vita, ma non di politica e delle polemiche.
Perchè era riluttante ad accettare l’invito?
«Volevo che il riconoscimento andasse ai miei maestri : Visconti, Clément, che mi hanno reso ciò che sono. Ero un primo violino, ma loro erano von Karajan. Ma sono tutti spariti e allora io sono contento di essere qui per loro».
Ha molti ricordi qui al Festival.
«Troppi. Sono venuto qui con Luchino Visconti per il Gattopardo, con René Clément per Delitto in pieno sole. E poi con Godard, Melville, sono tornato con mia figlia. La gente crede che io sia nato con Rocco e i suoi fratelli, ma quell’incontro non ci sarebbe stato senza Delitto in pieno sole, girato in Italia. Luchino mi vide, chiamò il mio agente e disse "Voglio quel ragazzo, Rocco è lui"».
Cosa ha imparato sul set di "Rocco e i suoi fratelli"?
«Non ero nato per il cinema, all’inizio è arrivato peril mio fisico. DaVisconti e Clément ho imparato tutto e l’ho messo a frutto nei miei film da regista e produttore. La mia scuola è stata italiana. Ho vissuto tanto a Roma, un giorno Dalida mi disse"se vuoi andare avanti con la tua carriera bisogna che ritorni in Francia". Ma tutto è cominciato nel vostro paese».
Il ricordo più forte con Visconti?
«Ce ne sono almeno dieci. Ma quello più forte è anche il più triste. In un film in cui nella scena finale dovevo morire ho pensato a quando è morto Luchino, nel suo salone aveva iniziato a dire "vedo tutto bianco", ed era caduto. Ho voluto fare quella scena così, come era morto lui».
Claudia Cardinale dice che voi eravate la coppia più bella del cinema di allora.
«È mia sorella. L’ho conosciuta attraverso Luchino quando aveva diciannove anni. Arrivò sul set di Rocco, era magnifica. Siamo amici da sessant’anni. Nel Gattopardo era fantastica e a quel film devo l’incontro con Lancaster. Ovunque vada nel mondo tutti mi parlano ancora di quel film. Invece in Cina e Giappone sono una sorta di dio grazie a Zorro di Duccio Tessari, l’ho fatto tanto per farlo, come più tardi Banderas, e in Cina lo hanno visto in milioni, quando andai lì ne fui sconvolto».
L’Italia è ancora la sua casa?
«Sì, ma tornarci mi fa troppo male. Perché a parte qualche attore i miei amici sono morti tutti. Quando sono a Roma vedo la casa dove abitavano Renato Salvatori e Annie Girardot, o quella dove ho vissuto con Dalida. Non ho più nessun amico in Italia. Potrei tornarci forse con Claudia…».
Quanto l’infanzia difficile che ha vissuto le ha segnato il carattere?
«L’inizio della mia vita è stato terribile, tra collegi, povertà, mancanza di amore. Se le donne non fossero entrate nella mia vita oggi non sarei qui. Sono state il mio centro e la mia guida».
Rimorsi e rimpianti?
«Rimorsi no, perché le situazioni della mia vita non mi hanno permesso di fare diversamente. E se sono qui a Cannes lo devo solo a me stesso, alle donne che ho incontrato e ai registi a cui vengo a rendere omaggio».
Rivede i suoi film?
«No, non posso rivederli, soprattutto La piscina, perché penso a Romy che ho amato moltissimo. Quanto agli altri, ogni volta che li rivedo in tv anticipo le battute, perché ricordo ancora tutto a memoria».
Quali le hanno cambiato la vita?
« Delitto in pieno sole, Rocco e i suoi fratelli, Due contro la città con Gabin, Frank Costello faccia d’angelo. E soprattutto La piscina, per Romy. Perchè è stato il più bel periodo della mia vita, l’amore dei miei vent’anni. Entrambi avevamo avuto un’infanzia solitaria e riprendemmo a crescere insieme».
Oggi cosa la rende felice?
«Essere con mia figlia Anouchka, che mi consegnerà la Palma. Non so cosa dirò, lei sta preparando qualcosa. Siamo già stati insieme a teatro e condividere la scena con lei è la cosa che mi emoziona di più».
Cosa l’appassiona oggi?
«Poche cose. La vita oggi non mi interessa, non mi interessa quest’epoca che viviamo. Me ne andrò senza rimpianti, con facilità».
Cosa spera per il futuro?
«Quello che spera mia figlia, che fa cinema e teatro. Ha già fatto tanto e le lascerò tutto».
Che mondo vorrebbe per lei?
«Un altro mondo, diverso da questo, da questo schifo che ci circonda: in Italia non so se è come in Francia, ma qui è l’orrore».