La Stampa, 19 maggio 2019
In Corea del Sud ossessione chirurgia estetica
Appena scesi alla fermata di Apgujeong, sulla linea 3 della metropolitana di Seul, si viene attirati da un enorme cartellone luminoso affisso alla parete. Una ragazza giovanissima, il volto bianco, i capelli lunghi e scuri incorniciati da una fascia colorata, porta la mano destra sulle labbra e manda un bacio verso i binari. In alto una scritta in inglese e coreano, «manchi soltanto tu», e l’indirizzo di una clinica di chirurgia estetica, con una piccola mappa in basso a destra e la distanza calcolata dall’uscita della metro: appena sette minuti.
Nel «quartiere dei ritocchi»
Siamo nel quartiere di Gangnam, uno dei più ricchi della capitale della Corea del Sud, sul lato meridionale del fiume Han. Qui c’è la più alta concentrazione mondiale di ambulatori estetici, addirittura 500, e di chirurghi plastici, quasi 2000: lo chiamano il «quartiere dei ritocchi».
Anche Hyeyoung Yun si è fatta operare in una clinica di questa zona, al numero 832 del viale Nonhyeon-ro, la Vip Plastic Surgery Korea. «Sono stata a lungo indecisa sull’intervento. Da un lato avevo paura di stravolgere i connotati del mio viso, dall’altro volevo sembrare più simmetrica, più vicina agli standard di bellezza coreani. La nostra è una società iper-competitiva e avere un aspetto attraente è ormai una qualità economica, che può fare una differenza importante sul lavoro, specialmente per le donne - racconta Hyeyoung -. Alla fine sono contenta. Subito dopo l’intervento tutti mi hanno assicurato che adesso sono molto più bella, e ho immediatamente cambiato lavoro».
Ossessione in crescita
Almeno un terzo dei coreani fra i 18 e i 40 anni si è sottoposto, come Hyeyoung, all’intervento di chirurgia alle palpebre, anche noto come blefaroplastica, quasi sempre subito dopo la fine delle scuole superiori e prima di cominciare l’università.
L’ossessione per il proprio aspetto fisico è d’altronde una parte ormai integrante della cultura sociale in Corea del Sud, con il 20% della popolazione passato almeno una volta sotto i ferri.
Il record mondiale
Quello estetico si è trasformato in un vero e proprio comparto industriale per la nazione sudcoreana, cha detiene una fetta di mercato del 5% mondiale degli interventi chirurgici, la media pro-capite più alta del pianeta, con quasi due milioni di operazioni l’anno in un Paese da nemmeno cinquanta milioni di abitanti.
Il boom non riguarda soltanto il settore chirurgico, ma anche quello cosmetico. Le aziende coreane che commercializzano prodotti di bellezza sviluppano infatti un volume d’affari annuale di oltre 10 milioni di euro, secondo la società di rilevazioni marketing Mintel, occupando il 3% del mercato globale e con una crescita progressiva dell’8% ogni anno: si prevede che l’export di cosmetici made in Corea, al momento stimato in circa 3 miliardi di dollari, arrivi entro il 2020 sino a quota 8 miliardi.
Un’altra delle procedure estetiche più richieste in Corea del Sud è lo schiarimento della pelle, che viene spesso praticato tramite un programma che prevede la somministrazione venosa di glutatione, una sostanza tripeptide che blocca il processo di pigmentazione e rende più chiara la superficie cutanea: in Corea è nota come «l’iniezione di Beyoncé».
I modelli di riferimento, soprattutto per i giovani, sono i patinatissimi divi musicali del K-Pop (dalle Blackpink ai Bts), i cui video su YouTube sfiorano il miliardo di visualizzazioni e che proprio grazie all’algidità delle loro forme estetiche, quasi sempre costruite chirurgicamente, sono diventati popolari in tutto il mondo.
«All’estero può sembrare strano - spiega il dottor Kim Byung Gun, primario di chirurgia plastica al BK Hospital di Seul - ma qui sono spesso i genitori a spingere i figli agli interventi. Le operazioni per una pelle più bianca, per intervenire sulle palpebre e avere degli occhi più grandi, sono ormai molto comuni e vengono spesso regalate ai ragazzi come premio per l’entrata all’università».
Le più penalizzate
L’ossessione per l’aspetto fisico ha un’influenza molto più potente sulle donne, che avvertono la necessità di dover raggiungere un preciso standard fisico per potersi emancipare e per competere nel mondo del lavoro con i colleghi maschi.
La Corea del Sud, secondo il rapporto sul Gender Gap fra uomini e donne del World Economic Forum, si posiziona d’altronde al 115esimo posto su 149 Paesi nel 2018. Dietro, nel mondo, solo paesi islamici, fra cui Iran, Yemen, Emirati Arabi e Arabia Saudita.
È in questo contesto che sta acquistando consensi il movimento di controcultura «Escape the Corset», fuggi dal corsetto, che invita le donne coreane a rifiutare la pressione sociale che le spinge ad attenersi a standard di bellezza irrealistici, sottoponendosi a lunghissime sedute quotidiane di make-up e a costosi, e dolorosi, interventi chirurgici. L’obiettivo è quello di ribaltare il modello estetico corrente, utilizzando il corpo femminile come strumento di ribellione contro una società coreana fortemente patriarcale e contraddistinta da un profondo conformismo.