Libero, 19 maggio 2019
Le rondini muoiono di freddo
Ci stanno ammazzando le rondini, dopo averci tolto le lucciole. Ci stanno togliendo gli uccelli del buon augurio, quelli che arrivavano in stormi nelle nostre città a darci la lieta novella del freddo passato perché, se una rondine sola non fa primavera, migliaia di rondini la annunciano e la benedicono. Adesso si rifugiano spaurite nelle nostre case, si riparano dietro caldaie o fonti di calore per affrontare il gelo inatteso di questo maggio malato, loro libere di svolazzare anelano a una gabbia, un nido domestico, come successo a Ladispoli, vicino Roma, dove si sono fiondate dentro le abitazioni, mentre fuori la temperatura calava e l’aria gelava. Altre di loro scappano via, sanno di aver sbagliato tempi e luoghi della migrazione quest’anno e che la traversata verso l’Europa ha rischiato di essere per loro fatale. E così stiamo perdendo le rondini a causa del freddo, signori, mentre continuiamo a blaterare di riscaldamento globale, di effetto serra, di ghiacci sciolti e buchi nell’ozono. Abbiamo temperature invernali fuori stagione, e intanto continuiamo a ripeterci che il pianeta ribolle di caldo, che la Terra sta diventando un Inferno, che dobbiamo salvarla da fuoco e fiamme. Ma tutte le Greta Thunberg del mondo non si rendono conto che le rondini muoiono perché il termometro segna 10, 15 gradi in meno rispetto alla media? O forse il raffreddamento primaverile, l’inattesa glaciazione di maggio vale meno le attenzioni degli ambientalisti rispetto al conclamato allarme sull’aumento delle temperature, forse perché smonta le loro teorie? Sì, dai Greta, tirati su il cappuccio giallo e copriti, ché qua si muore di freddo… E guardati attorno, perdio. Le zanzare hanno perso un mese di lavoro, i pollini, dopo una rapida apparizione, si sono dileguati, i fiori non sbocciano, i grilli non cantano e, insieme alle rondini, anche molti italiani stanno pensando di emigrare altrove, dandosi il cambio con gli africani: loro vengono qui da noi, noi ci spostiamo in Africa. Un maggio così gelido non ce lo ricordavamo da mezzo secolo e chi, come chi sta scrivendo, mezzo secolo fa neppure c’era, un maggio così crede di non averlo mai vissuto. Nondimeno i giornaloni tacciono, non si interrogano sul freddo anomalo, non si tormentano per queste temperature bassissime che hanno scombussolato i loro piani, visto che avevano paginate già pronte sui soliti metodi per arginare il caldo, sui consigli della nonna per fronteggiare l’afa e sui rimedi utilissimi per non scottarsi al sole.
DA BOLZANO IN GIÙ
Il maggio gelido del nostro scontento lo sentiamo sulla pelle, o meglio sui cappotti, visto che da Bolzano in giù siamo ancora costretti ad andare in giro con le robe pesanti, lo sentiamo nel ticchettio incessante della pioggia sui nostri ombrelli, e lo subiamo nell’anima per l’assenza costante e deprimente di luce. Ma loro, la stampa mainstream e i climatologi arruolati per l’occasione devono eludere l’argomento, ignorarlo, assicurarci che il freddo fuori è solo una percezione, che gli acquazzoni sono una nuvola passeggera e che la primavera non è una stagione ma uno stato d’animo. Non possono raccontare la verità – testimoniata dai numeri (massime di 10 gradi, minime di 3) – perché ciò scombussolerebbe i loro teoremi, metterebbe sotto scacco la predica ripetuta fino allo sfinimento che dobbiamo ridurre le emissioni di gas per non far impennare la colonnina di mercurio. E allora, se la realtà li contraddice, meglio metterla sotto silenzio. Il piano anti-freddo dei media va inteso nel senso che del freddo non si deve parlare. Onestà vorrebbe piuttosto che si ammettesse che mesi molto freddi o caldi fuori stagione tornano periodicamente, che non c’è un processo degenerativo (accrescitivo o diminutivo) della temperatura in senso lineare, ma che essa, come i corsi e ricorsi storici, si muove a cicli. Invece loro, i soloni catastrofisti, devono convincerci del contrario. Vedi così un programma come Unomattina intervistare una prof della Bicocca per ricordarci che il riscaldamento globale non riguarda solo il nostro pezzetto di mondo e che quindi, se da noi fa freddo, altrove può fare caldissimo… Per carità, non vogliamo sminuire l’autorevolezza di questa tesi né atteggiarci a climatologi. Vogliamo solo esprimere la voce dell’uomo comune che sente che questa storia della Terra in preda a una febbre termica è una montatura colossale; lo stesso uomo comune che chiede ai giornali di spiegare perché il maggio odoroso di cui parlava Leopardi o il maggio radioso di D’Annunzio sembri piuttosto il novembre di Pascoli quando «secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno»; e si domanda perché le rondini muoiano di freddo se è vero che esiste il riscaldamento globale. Forse molte Greta Thunberg tifano per lo scioglimento degli iceberg solo per vedere inverata la loro teoria. Ma non è onesto nascondere il termometro se indica temperature basse; o ancora peggio accostarlo a una fonte di calore, come si faceva da ragazzini finti febbricitanti, per dimostrare che in effetti il pianeta sta scoppiando di caldo.